“Stonewall” Jackson: il generale che non sorrideva mai. Ma che una volta pianse (video)

13 Mag 2020 19:00 - di Antonio Pannullo
jackson

“Stonewall” Jackson. Pochi in Italia conoscono questo nome. Qualcuno ne avrà la reminiscenza in qualche film americano. Ed è un peccato, perché fu un uomo straordinario, uno che avrebbe potuto cambiare il corso della storia, anche della nostra, se il destino non si fosse messo di traverso. Thomas Jackson fu un generale della Confederazione americana e combatté valorosamente nella guerra di secessione del 1861, che in America chiamano guerra civile o anche grande guerra. Morì a soli 39 anni ma se guardiamo i suoi ritratti e le sue rare foto, sembra un uomo di 60 anni, Oggi sarebbe poco più di un ragazzo, allora comandava un milione di soldati.

Jackson ebbe una vita costellata di tragedie

Jackson ebbe una vita difficilissima, sfortunata, costellata di tragedie. Ma lui non pianse mai, tranne una volta. Le traversie lo resero duro, chiuso, riservato e a tratti eccentrico. Un uomo complesso ma un genio militare e di indole buona, come vedremo. Un uomo difficile da capire. Thomas Jackson era della Virginia, ma appena nato (nel 1824) iniziarono i suoi guai. La famiglia era una buona famiglia, i suoi antenati vennero dall’Irlanda, da Londonderry, e il padre era avvocato. Quando Thomas aveva due anni, il padre e la sorella di sei anni morirono di febbre tifoidea. Il giorno dopo la morte del padre, la madre dette alla luce la sorellina di Thomas.

La madre rimase vedova con tre figli piccoli

Vedova a 28 anni e con tre bambini piccoli, vendette tutto e si trasferì in una stanza in affitto, facendo lavori di cucito e insegnando. Dopo quattro anni si risposò con un avvocato, il quale però non amava i suoi figliastri, L’anno dopo la mamma di Thomas, Julia, morì di complicazioni susseguenti al parto e fu sepolta in una tomba senza nome. Il futuro generale aveva sette anni.

I tre orfani furono divisi e mandati a vivere da vari parenti. Thomas andò da una sorella di suo padre e in seguito da altri zii che avevano una fattoria. Thomas badava alle pecore e studiava quando e se poteva. Ma era curioso e raggiunse una discreta istruzione come autodidatta. Leggeva la notte libri presi in prestito, alla luce dei nodi di pino che gli fornivano gli schiavi di suo zio. In cambio lui gli insegnava a leggere e scrivere, cosa proibita in Virginia.

L’ammissione a West Point

Quando ebbe 18 anni fu ammesso all’Accademia militare di West Point, dove, tra inenarrabili difficoltà per la sua istruzione inadeguata, riuscì a essere promosso. Mostrando quella determinazione e forza di volontà che furono la cifra della sua vita, arrivò 17° in un corso di 59 cadetti. Il suo primo impegno, come secondo luogotenente, fu nella guerra contro il Messico (1846-1848) dove per la prima volta incontrò quello che sarebbe diventato il generale Robert Lee, comandante in capo delle forze della Confederazione. Jackson dette prova delle sue doti militari e alla fine della guerra era maggiore. Poi trascorse un anno in Florida, nella guerra contro il Seminole, sempre però avendo dissidi e contrasti con i suoi colleghi, superiori o sottoposti, come era capitato anche in Messico.

Nel 1851 lasciò l’esercito e andò a insegnare al Virginia Military Institute filosofia naturale e istruzione di artiglieria. Ancora oggi si studiano le sue teorie e strategie militari. Ma il suo carattere, la sua eccentricità e soprattutto severità, non lo fecero prendere in simpatia dagli studenti, che lo soprannominarono “Tom fool”, ossia Tom lo scemo, l’insensato. I ragazzi lo prendevano in giro anche per il suo fervore religioso.

Era un presbiteriano rigoroso

Jackson infatti era un presbiteriano intollerante, oggi diremmo fanatico, ma la sua fede certamente lo ha aiutato nella sua difficile vita. Aveva fissazioni, era ipocondriaco, e lo dimostrò anche nella sua successiva, luminosa, carriera militare. C’è un episodio che chiarisce questo suo aspetto. Nella prima battaglia di Bull Run, che qualcuno chiama Manassas, lui era sul suo cavallo davanti alle truppe e guardava lo svolgersi delle azioni tenendo un braccio alzato, con il palmo della mano rivolto in avanti. Quasi benedicente, oppure come Giosuè che secondo la Bibbia fermò il sole. Comunque, impavido davanti al nemico, in quell’occasione ebbe un dito portato via da un proiettile.

Ecco il motivo del suo grande coraggio

Successivamente, il generale Lee, che era la cosa più simile ad un amico che Jackson avesse, gli chiese dove lui trovasse lo smisurato coraggio per stare davanti al fuoco nemico in quel modo. Lui rispose così: “Vede, generale (si dettero sempre del lei), quando sono nato Iddio ha scritto nel mio libro la data della mia morte. Non c’è nulla che io possa fare per cambiare questo”. E in questa affermazione c’è tutto Jackson.

Tra l’altro, fu in quella prima battaglia della guerra di secessione che si guadagnò il suo onorevole soprannome. Mentre la battaglia volgeva al peggio per i sudisti e i nordisti stavano per sfondare, come detto lui rimase fermo con le sue truppe, resistendo. Il generale confederato Bee lo vide, e rivolgendosi ai suoi uomini, disse: “Guardate Jackson che resiste come un muro di pietra! Raduniamoci dietro i virginiani!”. E la battaglia fu vinta. Da allora, per sempre e per tutti, lui fu “Stonewall”, muro di pietra, Jackson.

Insegnava ai ragazzi di colore

Tornando a prima della guerra, un tratto sconosciuto di Jackson era la sua visione della schiavitù. A quei tempi era accettata come una cosa normale, lui ricevette perfino una donna con due figli come dono di nozze. Ma non l’appoggiò mai. Né la criticò. Però le sue azioni parlarono per lui, come sempre. A Lexington in Virginia, dove abitava, nel 1856 organizzò la scuola domenicale per neri della chiesa presbiteriana, dove insegnava anche la seconda moglie Mary Anna (perché la prima morì nel 1854 di parto insieme col bambino). Il rapporto con i ragazzi era ottimo, lo adoravano. Jackson era severo e fermo, ma chiamava tutti per nome. Loro lo soprannominarono affettuosamente “mister Maggiore”.

La famiglia aveva sei schiavi, tra cui un’orfana di quattro anni con difficoltà di apprendimento. Con lo scoppio della guerra gli schiavi furono venduti, tranne uno, che era al suo capezzale quando morì. Nel 1859 Jackson acquistò la sua prima casa con la moglie, dove visse fino al 1861, quando fu chiamato a servire la nazione. Non tornò mai a casa sua. La sua unica figlia Julia Laura, nacque nel 1862, l’anno prima della sua morte.

Jackson richiamato a servire il Sud

Nell’aprile 1861, dopo che la Virginia si separò dall’Unione, il governatore Letcher richiamò Jackson come colonnello in servizio, per costituire e istruire unità che in seguito divennero famose come la Stonewall brigade. Tutte le unità provenivano dalla Shenandoah Valley della Virginia, dove Jackson stabilì in suo quartier generale. Quanto all’istruzione dei soldati, Jackson era convinto che la disciplina fosse vitale per vincere le guerre, e sottopose i suoi soldati a un addestramento durissimo. E aveva ragione lui. La resistenza e l’addestramento dei suoi uomini gli consentì di vincere diverse battaglie. Marce forzate, anche di mille chilometri, rapidità negli spostamenti, mobilità estrema, gli permisero di battere eserciti numericamente superiori. Inventò la cosiddetta “cavalleria appiedata”, fatta di incursioni, rapide ritirate, aggiramenti imprevisti, manovre azzardate. Come la cavalleria di Nathan Bedford Forrest o di Jeb Stuart, solo che loro erano a piedi.

Dopo una vittoriosa incursione a un deposito ferroviario, fu promosso generale di brigata. E dopo la seconda battaglia di Bull Run in ottobre, vinta grazie a lui, fu promosso maggior generale. Nella primavera dell’anno successivo difese la capitale Richmond e la valle dello Shenandoah, costringendo gli unionisti a ritirarsi e subendo una sola sconfitta. Jackson convinse sempre i nemici di disporre di forze superiori, ma non era vero. Alla fine, risultò che con un esercito di 17mila uomini aveva messo in rotta un esercito di 60mila.

La bambina morta di scarlattina

Successivamente si riunì alle forze del generale Lee che difendevano la capitale sudista assediati dalle truppe del generale nordista McLellan. Jackson portò le sue truppe attraverso un tunnel ferroviario e fece la sua comparsa improvvisa davanti a Mechanicsville, sorprendendo McLellan, il quale decise di arretrare. Nella campagna dell’anno successivo, il 1863, Jackson, insieme con il generale Longstreet, conquistò diversi successi. Ed è in questo periodo che compare l’episodio che caratterizza il generale sudista. Il fatto è raccontato nel libro Gods and Generals di Jeffrey Shaara, ed è riportato nell’omonimo film. Nei periodi più tranquilli, il generale Jackson e i suoi ufficiali solevano andare in una piantagione locale, la Moss Neck Manor, a prendere il thè da una signora che aveva il marito arruolato tra i confederati ma che era su un altro fronte. La signora aveva anche una bambina di 7 od 8 anni.

Quando “Stonewall” pianse davanti ai soldati

Sorprendentemente, il burbero Stonewall, che non faceva mai amicizia con nessuno, che parlava poco, che era sempre serio, sviluppò un’amicizia con la piccola, la quale gli faceva domande su quando sarebbe tornato il suo papà dalla guerra e augurandogli di vincere e così via. Il generale discorreva con la bambina, parlava, e persino sorrideva. A un certo punto la bambina si ammalò di scarlattina, che allora non era una cosa semplice come oggi.

Jackson inviò il medico militare a seguirla. Il medico andava tutti i giorni. Purtroppo, dopo qualche settimana, la bambina morì. Il medico andò dal generale, al campo, e gli riferì la notizia. Jackson ringraziò per l’aiuto prestato, poi lentamente andò a sedersi su una panca davanti la sua tenda… e pianse. Stonewall pianse per alcuni minuti, a singhiozzi, a dirotto, davanti ai soldati, per la morte della piccina. Ma non piangeva solo per la bambina, ma per tutti quei suoi ragazzi morti in quegli anni, per le carneficine e forse anche per la sua vita.

Il resto è storia nota. Vi furono altre battaglie, fino a quella sera di metà maggio 1863. A quel punto era stato nominato tenente generale. A Chancellorsville il generale sudista ottenne uno dei suoi più brillanti risultati. Riuscì a sorprendere le truppe del generale unionista Hooker e le mise in fuga. Prese moltissimi prigionieri senza sparare un colpo e li tallonò per tutta la giornata. Il sud aveva 60mila uomini, il nord oltre 133mila. Fu un’ecatombe: morirono 30mila soldati, i feriti furono 18mila, seimila i prigionieri presi da Stonewall.

Appuntamento con la morte

Quella bella giornata però si concluse come peggio non poteva. Tornato dal campo di battaglia insieme alla sua scorta, in sella al suo cavallo Little Sorrel, il generale si imbatté in alcune sentinelle sudiste del 18° reggimento della Carolina del Nord (che stava coi confederati), che li scambiarono per incursori nordisti. Fu intimato il “chi va là”, ma spararono prima che si potesse avere la risposta. Fu un conflitto a fuoco in cui morirono diversi uomini. Il generale ricevette due colpi al braccio, di cui uno vicino alla spalla, e uno alla mano.

I soccorsi furono difficili, perché poi Stonewall fu lasciato cadere dalla barella mentre i colpi infuriavano. Alla fine, fu portato in un ospedale da campo dove gli si dovette amputare un braccio e poi portato a una vicina piantagione di nome Fairfield, in località Guinea Station. Sembrava stesse migliorando, ma nei giorni successivi si ammalò di polmonite e morì, in una giornata di maggio. I medici non capirono che il dolore al torace che lamentava non era frutto degli scossoni durante il trasferimento, ma polmonite. Le sue ultime parole, ormai leggendarie, furono: “Attraversiamo il fiume e riposiamoci all’ombra degli alberi…”.

A Gettysburg Jackson avrebbe vinto

Così, per un beffardo scherzo del destino, morì a soli 39 anni l’uomo che avrebbe potuto capovolgere le sorti della guerra. Poco dopo infatti vi fu Gettysburg, e molti analisti militari pensano che quella cruciale battaglia con Stonewall non sarebbe stata persa. Infatti Lee era affiatatissimo con Jackson: gli mandava ordini non dettagliati e lui capiva. A Gettysburg, con il suo sostituto generale Ewell, quest’ultimo non riuscì a interpretare gli ordini discrezionali di Lee, e non tentò l’assalto decisivo. Stonewall, con la sua comprensione intuitiva, l’avrebbe osato.

Ora è sepolto allo Stonewall Jackson Memorial Cemetery di Lexinton in Virginia. E poiché l’America sa onorare i suoi eroi, vi sono monumenti, sculture, strade, parchi a lui intitolati. La moglie Mary Anna non si risposò mai, ed era conosciuta come la vedova della Confederazione. Sua figlia ebbe dei bambini, ma morì di febbre tifoidea a 26 anni. L’ultima tragedia di Thomas “Stonewall” Jackson.

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