Zagaria scarcerato, per i giudici la salute e il trattamento umano più importanti del 41bis
Il boss camorrista Pasquale Zagaria è stato scarcerato dai giudici perché il diritto alla salute e a un trattamento umano è più importante anche del 41bis. E lasciare Zagaria, in carcere “equivarrebbe ad esporlo al rischio di progressione di una malattia potenzialmente letale. In totale spregio del diritto alla salute e del diritto a non subire un trattamento contrario al senso di umanità“.
E’ questa la motivazione con la quale i giudici di sorveglianza hanno concesso gli arresti domiciliari a Zagaria.
In altre parole, le condizioni di salute del boss camorrista non permettono di essere curato “nel circuito penitenziario a causa, dell’emergenza pandemica legata al Covid-19“.
Ecco, dunque, perché i giudici del Tribunale di Sorveglianza, hanno deciso di scarcerare il boss Zagaria e di mandarlo agli arresti domiciliari.
Nelle sette pagine del provvedimento a firma del magistrato di sorveglianza Riccardo De Vito che l’Adnkronos ha potuto visionare, è spiegato il perché della decisione dei giudici.
Zagaria era detenuto nel carcere di Sassari, al 41 bis cioè in regime di carcere duro.
Ma anche lui ha lasciato la cella anzitempo, a causa dell’emergenza Coronavirus.
“In Sardegna – sostiene il giudice – non vi è possibilità di svolgimento della terapia in ambiente carcerario dal momento che i reparti sono stati adattati a Centri Covid-19“.
“Il Tribunale ha anche chiesto al Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria se fosse possibile individuare altra struttura penitenziaria sul territorio nazionale dove effettuare il follow-up diagnostico e terapeutico ma, come detto, non è pervenuta alcuna risposta. Neppure interlocutoria”.
“Allo stato, pertanto – ragionano i giudici – il detenuto si trova affetto da una patologia grave e soggetto alla necessità di un iter diagnostico e terapeutico che viene definito “indifferibile”. Ma che al momento non è possibile effettuare”.
“Lasciare il detenuto in tali condizioni – dice il giudice di sorveglianza – equivarrebbe ad esporlo al rischio di progressione di una malattia potenzialmente letale. In totale spregio del diritto alla salute. Edel diritto a non subire un trattamento contrario al senso di umanità“.
“L’impossibilità di effettuare il follow up diagnostico e terapeutico espone Pasquale Zagaria a un pericolo di aggravamento potenzialmente letale”.
Una situazione, secondo i giudici, “intollerabile dal punto di vista soggettivo e psicologico del detenuto“.
E i giudici nella loro relazione sottolineano il pericolo di contagio del Coronavirus: “Nel caso di specie di Pasquale Zagaria, oltre a trovarsi di fronte all’impossibilità di ricevere le ‘indifferibili’ cure per la sua patologia, si trova anche esposto al rischio di contrarre la patologia Sars-Covid 19 in forme gravi. Circostanza che ha anche impedito in maniera assoluta ogni ipotesi di ricovero negli ospedali“.
Zagaria insomma, in carcere , avrebbe potuto contrarre il Coronavirus “a contatto con personale della Polizia penitenziaria” e con “gli staff civili che ogni giorno entrano ed escono dal carcere“.
Il giudice ribadisce nel provvedimento “la caratura criminale” di Zagaria e la sua “pericolosità sociale” . Ma ha anche ricordato che si è presentato spontaneamente in carcere. E che, nel corso del processo, “rese confessione in ordine a gran parte dei reati contestati”. Condotta che, secondo i giudici, “rappresenta un inequivocabile sintomo di iniziale ravvedimento”.
Il differimento ai domiciliari di Zagaria ha al momento la durata di cinque mesi. Perché “appare decisivo sapere gli esiti degli approfondimenti diagnostici per capire l’evoluzione della patologia e le possibili cure”.