Mascherine col trucco a Protezione civile e Regione Toscana: 13 imprenditori cinesi arrestati

11 Giu 2020 19:11 - di Davide Ventola

Tredici arresti in flagranza, individuati 90 lavoratori clandestini cinesi e centinaia di migliaia di mascherine sequestrate. È il bilancio di un’operazione a Prato condotta dalla Guardia di Finanza e coordinata dalla procura della città toscana, che vede coinvolte ditte cinesi riconvertite alla produzione di Dpi destinati alla Protezione civile e alla centrale acquisti per la sanità per conto della Regione Toscana, entrambe parti lese nelle indagini. Tra i reati ipotizzati, truffa ai danni dello Stato, frode nelle pubbliche forniture di mascherine chirurgiche, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento della manodopera. Le indagini sono state quindi estese ai contratti stipulati con Protezione Civile e Regione Toscana. Le commesse prevedono la fornitura di 93 milioni di mascherine alla Protezione Civile e di 6.700.000 ad Estar, commesse milionarie: Si parla di 41 milioni e 800mila euro per la prima e tre milioni e 200mila euro per la seconda.

Manodopera in nero, perquisite 28 aziende

Il Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Prato ha dato esecuzione ad un’ordinanza, emessa dal gip presso il locale Tribunale, che dispone la custodia cautelare in carcere di un imprenditore cinese titolare di una ditta di confezioni. Contemporaneamente 250 finanzieri hanno proceduto alle perquisizioni, disposte dalla Procura pratese di 28 imprese individuali del distretto del tessile, gestite da cinesi, nonché di tre società maggiormente strutturate e dei domicili di alcuni rappresentanti legali e di dipendenti. L’operazione di polizia giudiziaria, eseguita con il personale del Dipartimento della Prevenzione dell’Asl Toscana Centro di Prato, è nata da precedenti indagini nei confronti dell’imprenditore finito in carcere, titolare di fatto di una ditta dove era formalmente inquadrato come dipendente: è accusato di reati connessi allo sfruttamento del lavoro ai danni di 23 suoi connazionali, operai impiegati a nero, 15 dei quali anche in stato di clandestinità.

La società di Prato gestita da cinesi ha vinto appalti milionari

Moltissime le irregolarità rilevate: turni di lavoro, in media, di 13/16 ore giornaliere in condizioni degradanti e di pericolo, in spazi ridotti per la presenza di numerosi macchinari, con vie di fuga ostacolate dal deposito di materiale lavorato ed in produzione ovvero residui tessili, con l’uscita di emergenza bloccata dall’interno e non rapidamente raggiungibile. I lavoratori sfruttati non potevano fruire di riposi festivi ed interrompevano il loro operato con brevi pause di circa 10/15 minuti in coincidenza con la consumazione dei pasti, in assoluta promiscuità nel medesimo locale produttivo, con polveri e residui di scarti industriali. I laboratori fungevano anche da dormitori, con posti letto ubicati in locali privi dei requisiti di abitabilità, carenti nei rapporti areo-illuminanti e di dimensioni inferiori alla norma essendo ricavati mediante tramezzature in materiale misto ovvero collocati all’interno di ambienti destinati ad uso diverso (la camera da letto di un operaio era realizzata in un servizio igienico). Nelle ultime settimane le indagini hanno subito un importante sviluppo: in fase di aggiornamento del quadro accusatorio, è stato appurato che l’imprenditore occulto – tramite due nuove ditte nel frattempo subentrate alla precedente, gestite con le medesime modalità ed anch’esse intestate a prestanome – aveva riconvertito la propria attività manifatturiera verso la produzione di mascherine facciali, per conto di una società di Prato riconducibile a due fratelli cinesi ben radicati nel territorio. Quest’ultima azienda, normalmente operante nel settore dell’abbigliamento e temporaneamente dedita alla produzione di dispositivi medici, è risultata rifornire – in rilevanti quantitativi – la Regione Toscana (tramite Estar), il Dipartimento della Protezione Civile nonché importanti catene private della grande distribuzione ed altre imprese.

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