Montanelli, il delirio delle femministe colpisce Giuseppe Sala: “Sdogana stupro e pedofilia”
Mancava il collettivo di Non una di meno. Ora non manca più. Ieri le femministe della nuova scuola sono scese in piazza a Milano in relazione alla vicenda della statua di Indro Montanelli imbrattata. Va da sé che ne chiedano la rimozione, ma la loro protesta non si è fermata lì. Perché per un gruppo che teorizza, sostanzialmente, che tutti i mali del mondo discendono dall’uomo bianco eterosessuale, è chiaro che Montanelli e la storia del matrimonio con la giovanissima Destà siano solo una goccia nell’oceano. E, infatti, la statua del giornalista nella loro visione non è più solo un riconoscimento a quello specifico uomo, ma “una celebrazione della violenza razzista e sessista”. Così chiederne la rimozione diventa il grimaldello per una “decolonizzazione” di Milano.
La manifestazione di Non una di meno
“Non riduciamo tutto alla statua di Montanelli. Con questo presidio vogliamo avviare una seria discussione sulla decolonizzazione dello spazio urbano della città, perché la nostra metropoli è abitata e attraversata ogni giorno da un modello di normalità molto diverso da quello che difende il gruppo di potere”, sono state le parole delle attiviste, riportate dal Corriere della Sera. “Questa città è abitata da tantissime persone, soprattutto ragazze giovani che ormai sono meticce e hanno genitori che provengono da ogni parte del mondo. In mancanza di un serio ragionamento sul colonialismo, pensiamo di poter negare la rappresentanza sociale e politica a persone che sono nate e cresciute qua?”, hanno detto ancora, mentre sui cartelli esposti si leggevano frasi come “Decolonize the city per una Milano antirazzista e transfemminista“; “Se la bambina di 12 anni fosse stata bianca il suo stupro sarebbe stato un errore?”; “Il colonialismo è stupro”.
La statua di Montanelli diventa un pretesto
Insomma, ieri abbiamo appreso che Milano è una città colonizzata, ma ovviamente non dalle orde di migranti che l’hanno invasa negli ultimi anni come qualcuno potrebbe pensare. No, Milano è colonizzata da orde di maschi stupratori e razzisti, proni ai voleri di un non meglio identificato gruppo di potere che si compiace degli abusi sulle donne, specie se minorenni e “meticce”. Il tutto perché ha celebrato con una statua un suo cittadino illustre e, cosa ancora più grave, perché si rifiuta di rimuoverla ora che alcuni esaltati ha deciso che quel cittadino morto e vissuto in un altro tempo va messo all’indice.
L’attacco delle femministe a Sala
Con queste premesse a finire sul banco degli imputati ieri è stato, in particolare, il sindaco Giuseppe Sala. Ora se tanto dà tanto, va detto che Sala per quelle di Non una di meno sarebbe colpevole a prescindere, in quanto maschio bianco eterosessuale. Nello specifico però ciò che gli si contesta è di non essere corso col piccone ai Giardini Montanelli, per divellere statua e targa toponomastica. E di aver sostenuto che “le vite vanno giudicate nella loro complessità”. Forse da Sala ci si sarebbe potuti aspettare un ragionamento più articolato sulla vicenda del matrimonio di Montanelli con Destà che, benché storicamente contestualizzata, fa rabbrividere le coscienze di quest’epoca. Ma da qui a dargli dello “sdoganatore” dello stupro e della pedofilia ce ne passa. Non, però, per quelle di Non una di meno, per le quali “lo sdoganamento di stupro e pedofilia come ‘errori’ è doppiamente grave se viene dal una figura pubblica istituzionale e un precedente pericoloso. Chiediamo al sindaco, quindi adesso a Milano vale tutto? Ci dobbiamo preoccupare per noi e le nostre figlie?“. Un delirio, insomma, che fa apparire gli imbrattatori della statua di Montanelli come dei dilettanti.