Più che Stati generali una zingarata. Duro attacco dell’HuffPost all’ultima trovata pirotecnica di Conte
C’è di tutto agli Stati generali dell’Economia che si aprono domani. “Mancano solo la banda, le puttane e i militari”, come nel funerale del Perozzi, nell’indimenticabile Ultima zingarata”. Così l’Huffinghton post ironizza sull’ultima trovata mediatica e pirotecnica di Conte. Quella alla quale il centrodestra ha detto “no, grazie”. Le opposizioni preferirebbero essere consultate a Palazzo Chigi che in mezzo alle fronde di villa Pamphili.
Stati generali? No una zingarata
Il quotidiano stila il lungo elenco dei partecipanti. Che prende lo spazio di mezzo articolo. Confindustria, Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Usb, Cisal, Confsal, ConfApi, Confimi, Confersercenti, Confartigianato, Confagricoltura, Confcommercio, Coldiretti, Confagricoltura, Federalberghi, Unioncamere, Rete-imprese, Alleanza per le cooperative, Confcooperative. E poi le sigle della scuola, della sanità, l’Ance, chissà l’Anci. Gli amministratori o presidenti, o amministratori e presidenti di Eni, Enel, Finmeccanica, Leonardo, Terna, Cdp. E sembra che a Palazzo Chigi non abbiano ancora chiuso gli inviti.
Il racconto di un potere scisso dalla realtà
“Senza fine e pressoché segreti”, scrive l’HuffPost. “Senza streaming, dirette, chiusi come una scatola di tonno. Il che – per carità – non scandalizza, in fondo è stato chiuso il Parlamento. Proprio quando è stata assunta la decisione di chiudere gli italiani in casa. Però qualcosa questa modalità racconta. Perché, da che mondo è mondo, gli Stati generali sono pubblici per natura. Aperti, ariosi. Un momento in cui il Paese discute a voce alta di sé”. E invece questa edizione contiana è tutto meno che aperta all’ascolto. L’autoreferenzialità racconta “un potere smarrito con la fine dello stato di eccezione. Isolato e scisso rispetto alla sua stessa funzione. Per cui la funzione non si esercita. E il rito è fine a se stesso. Tutto ciò che comporta decisioni è scientificamente allontanato. Tutto ciò che implica una responsabilità pure. Magari il Colao di turno potrebbe dire un qualcosa che colpisce l’opinione pubblica. Che rompe la famosa narrazione. Dunque meglio spegnere i microfoni”. A ben guardare anche la location è già la fotografia di una dimensione separata dalla realtà. Quella realtà che il premier ha dovuto toccare con mano mercoledì sera. Quando è sceso da Palazzo Chigi e, per la prima volta, è stato sonoramente fischiato. Più che Stati generali una zingarata, appunto. Con i contorni di una tragedia shakespeariana. Col povero Franceschini nei panni dell’aspirante Iago.
Conte e gli Stati Generali:l’arroganza inaudita, di un non eletto, di fronte alla quale la democrazia piange anche per il silenzio della grande stampa e la sudditanza di forze antifasciste solitamente ribelle ai bavagli.
Ancora sotto il marchio della istituzionalityà?. Pazientiamo allora: arriverà il tempo del voto!
Mamma mia quante sigle sindacali, ma ne manca una importante: S.I.C.I. con affiliazione al P.D.