Reddito di cittadinanza flop: sprecati 3,8 miliardi l’anno. Lo dice anche la Corte dei Conti
Spendiamo 3,8 miliardi di euro l’anno per il reddito di cittadinanza e abbiamo ottenuto solo ventimila posti di lavoro. Lo Stato ha speso, quindi, 190mila euro a lavoratore. È il consuntivo disastroso del Rdc secondo la Corte dei conti.
“Dai dati degli uffici di controllo risultano essere state accolte circa 1 milione di domande, a fronte di quasi 2,4 milioni di richieste, delle quali, secondo elaborazioni di questo Istituto, soltanto il due per cento ha poi dato luogo a un rapporto di lavoro tramite i centi per l’impiego”. La relazione sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2019 non lascia dubbi. Senza contare i beneficiari del reddito di cittadinanza. In molte occasioni persone che non ne hanno diritto.
Reddito di cittadinanza: l’agenzia governativa aveva previsto il doppio di assunzioni
Sarebbero infatti solo 20mila i posti di lavoro assegnati con una misura che è costata al governo nazionale 3,8 miliardi di euro. Numeri ben diversi da quelli ipotizzati dall’Anpal che aveva prospettato che 39.760 beneficiari avrebbero ottenuto un contratto di lavoro. L’ipotesi della cancellazione del reddito di cittadinanza nel 2021 si fa quindi sempre più plausibile. In ogni casa, se una vera e propria eliminazione non si possa considerare, probabilmente cambieranno le regole di erogazione del sussidio.
Potrebbe per esempio essere rivisto il sistema dei centri per l’impiego e quindi le modalità di assegnazione dei contratti di lavoro.
Quota 100: niente ricambio generazionale
La Corte dei Conti ha riscontrato criticità anche nella Quota 100, la misura con cui si può andare in pensione con un’età minima di 62 anni e un’anzianità contributiva non inferiore a 38 anni. Il Procuratore generale della Corte dei Conti, Di Grazia osserva che “i risultati sono stati al di sotto degli obiettivi illustrati nella Relazione tecnica che accompagnava il provvedimento, avente anche finalità di ricambio generazionale della forza lavoro”. Di Grazia sottolinea che al 31 dicembre 2019 il ministero ha approvato 155.897 richieste di collocamento in quiescenza. Pari a circa il 69% delle domande presentate. Se la “finalità di ricambio generazionale della forza lavoro” – come attestato dagli obiettivi illustrati nella Relazione tecnica che accompagnava il provvedimento governativo – “i risultati sono stati al di sotto degli obiettivi”.