Tra Mondiali e Tso, la vita alle prese con un calcio di rigore: l’ultimo romanzo di Daniele Mencarelli

15 Giu 2020 13:58 - di Massimo Pedroni

1994: Mondiali di calcio. Si tenevano negli Stati Uniti. L’Italia arriverà seconda. Dopo una partita di finale serratissima, con il Brasile che ce la fece a spuntarla sugli Azzurri, solo dopo la lotteria dei calci di rigore. Nel suo ultimo romanzo Daniele Mencarelli ricostruisce l’atmosfera di quei periodi: giocosa, frizzante. Euforia diffusa, nelle attese dei verdetti del risultato del campo. Le città imbandierate con il vessillo nazionale. Clima che in maniera più o meno accentuata, viene a determinarsi in molte nazioni. In Italia, i Mondiali di Calcio sono da sempre una manifestazione sportiva molto sentita. In questo scenario di festa, a un ventenne tifoso entusiasta della Nazionale, con ancora nelle orecchie il ritornello di “Notti Magiche” sigla del Mondiale del ”90 svoltosi in Italia, si viene a trovare in una situazione particolare. Assolutamente particolare.

Tra mondiali e Tso: l’ultimo straziante romanzo di Daniele Mencarelli

Il nostro giovane, sarà in quei giorni destinatario di un provvedimento di T.S.O (Trattamento Sanitario Obbligatorio). Disposizioni emanate su impulso dei suoi genitori oramai esausti moralmente e fisicamente. Vittime, per l’ennesima volta, di sfuriate ingovernabili, fatte dal loro figlio Daniele. La causa, di queste intemperanze, dipende da un eccessiva assunzione di bevande alcoliche e droghe da parte del ragazzo. Tutto questo determinerà l’emanazione e adozione del provvedimento. La durata prevista del trattamento è di sette giorni. Da effettuarsi in regime di “reclusione” per misura di sicurezza, presso una struttura sanitaria idonea. L’impatto con questa nuova dimensione sarà severo. A cominciare dalla gestione del tempo, dei ritmi delle giornate, dettate da ritualità peculiari e dello spazio per quel poco di dimensione privata che ancora possa avere. In quel contesto incontra dei personaggi già “internati”, che gli saranno compagni, amici, fratelli in quella cupa avventura. Daniele il protagonista, dovrà giocarsi i “suoi” di Mondiali. Quelli del riscatto. Il romanzo “Tutto chiede salvezza” di Daniele Mencarelli (Mondadori) è poggiato solidamente su basi di una esperienza autobiografica. Aspra.

Un libro coraggioso venato di aspetti autobiografici

Un libro coraggioso, nel quale l’autore non risparmia di confrontarsi con gli aspetti più crudi delle vicende della sua esistenza. Come si suole dire “ci mette la faccia”. E anche molto, molto di più. Narrazione, asciutta, con passaggi di toccante poesia. Modalità espressiva, con la quale da anni, e con successo Mencarelli si esprime. Intorno a quelle latitudini abbiamo avuto modo di conoscerci. “Tutto chiede salvezza”, è un libro seguente a quello del suo esordio letterario. Il bellissimo e struggente libro precedente “La casa degli sguardi” (Mondadori). In esso, mantenendo sempre una cifra autobiografica, ci narrava un’altra, in certi passaggi straziante, vicenda della sua accidentata biografia. Con il ruolo, realmente ricoperto, di semplice operaio lavavetri, rende partecipi, i lettori nella trascrizione letteraria, delle situazioni dilanianti, che si trovava a dover affrontare allOspedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma nell’adempimento delle incombenze lavorative. Dove per esempio, diventa testimone della condizione, nella quale si vengono a trovare genitori stritolati da lutti devastanti quali quelli causati dalla perdita di un figlio. Una eterogenea umanità dolente e bizzarra fa da contorno al soggiorno obbligatorio Mencarelli. Rapporti costellati nella fase iniziale, da reciproche, curiosità, paure, diffidenze.

Tra vita vissuta, commozione e un sulfureo senso di colpa

Di loro a un certo punto Daniele dice: «Forse questi uomini con cui sto condividendo la stanza e una settimana della mia vita, nella loro apparenza dimessa le povere cose di cui dispongono, forse loro malgrado tutte le differenze visibili e invisibili sono le cose più somiglianti alla mia vera natura che mi sia mai capitato di incontrare». Quasi a dirci, che l’angoscia esistenziale dalla quale era minato, in quella ostica situazione venisse a trovare delle sue ragioni. Mencarelli non indugia nell’avventurarsi in analisi sociologiche o psicologiche su quel drammatico “teatro da camera del dolore”. Se tutto va bene, salvo sorprese dovrà starci una settimana. Impresa che di primo impatto, gli sembra impossibile dal poter riuscire a superare. Pensieri svariati, talvolta intorbiditi dal pessimismo gli sfregiano la mente. Presente costantemente il pensiero rivolto ai genitori. Un profondo, sulfureo senso di colpa, che prova nei loro confronti. Non solo per questo ultimo eclatante episodio, ma per i suoi comportamenti di figlio a tutto tondo. Si acquieta, e rassicura un poco consolidando gradualmente il rapporto con gli altri internati. Ne escono fuori dei quadri scritti con l’occhio del cuore inumidito dal pianto. Una commozione dignitosa, inesorabile, che galleggia in un oceano di domande. Interrogativi.

La narrazione dominata da una “verticalità” dai confini indeterminati

Clima scheggiato dall’impetuosità della vita dell’esterno, fatta anche di caroselli di macchine che scorrazzano dispiegando i suoni dei clacson e trombe. Festeggiando l’avanzamento nelle fase eliminatorie nella competizione della Nazionale. Quando si scrivono libri le cui sorgenti sono autobiografiche, si corrono a mio avviso alcuni rischi. Ad esempio, quello di far vivere la narrazione nel mero perimetro emotivo e di ricordo dell’autore. Di abbandonarsi al destriero dell’autocompiacimento della sofferenza. Venature delle quali il romanzo di Mencarelli è privo. Penso che questo sia un grande merito. Non scivolare, sul crinale di quei percorsi non è cosa molto comune. “Tutto chiede salvezza”, è un romanzo di grande spessore. Come tale ha, a mio avviso, una segreta porta d’accesso ai suoi significati più profondi. E questa è talmente ben nascosta, nel poterla trovare nel titolo. “Tutto chiede salvezza”, non è di certo solo un titolo. E’ un’affermazione di approccio alla vita, alla visione che si ha di essa. Il romanzo di Mencarelli s’impenna, esce dal semplice doloroso fatto biografico, assume una “verticalità” dai confini indeterminati. Se parliamo di salvezza allora c’è anche la dannazione. Tematiche che si arrampicano, inerpicano nella coscienza di ognuno. Situazione incerta, precaria, in bilico. Quella di chiunque. Di noi tutti. Come quando si deve tirare un calcio di rigore. Mencarelli ha trovato la forza di tirarlo e ha fatto goal. Senza dubbio. Anche nella sua vita. E le bandiere riprendono a sventolare.

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