50enne si sveglia dopo l’ictus e parla slavo: è il primo caso in Italia perché il cervello…
Si sveglia dopo l’ictus e parla slavo. Solo che nel caso del 50enne italiano ad essere colpito non è l’emisfero del linguaggio. Un caso davvero singolare e allo studio: è la prima volta che succede in Italia. Sembrava un ictus come tanti – nel nostro Paese se ne contano circa 200.000 l’anno – quello occorso all’uomo circa tre anni fa e studiato dal team guidato da Konstantinos Priftis del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova, insieme con i colleghi dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, che lo descrivono in uno studio pubblicato su Cortex. Uno studio accurato e lungo su un uomo, Un 50enne italiano, che si sveglia dopo l’ictus e parla slavo…
Si sveglia dopo l’ictus e parla slavo: primo caso in Italia
Quello recentemente pubblicato dal team di ricerca padovano-bergamasco è uno dei rarissimi tre casi, il primo in Italia». «In tutta la letteratura medica sull’argomento, dal 1800 a oggi – spiegano gli esperti – su 115 casi si contano 112 pazienti con lesione all’emisfero cerebrale sinistro. Con insorgenza di sindrome da accento straniero al risveglio – ricorda l’Università di Padova –. Mentre sono solo 3 le persone colpite da ictus all’emisfero cerebrale destro, sempre con sindrome da accento straniero al risveglio». Quindi, aggiungono Konstantinos Priftis e Lorella Algeri, dell’Uoc Psicologia del Papa Giovanni XXIII, «a differenza di tutta la casistica riportata in letteratura negli ultimi 220 anni, il paziente italiano con lesione emisferica destra e sindrome da accento straniero al risveglio, lo abbiamo approfonditamente studiato per tre anni». Come? «Attraverso un’analisi longitudinale complessa».
Ma l’area colpita dall’ictus non è quella del linguaggio
Poi il team al lavoro precisa anche: «Il paziente, assolutamente guarito da un punto di vista clinico, ha acquisito al risveglio un accento e una cadenza di origine slava. Sebbene non abbia mai soggiornato in paesi con caratteristiche fonetiche di tale area geografica. E nonostante non abbia avuto contatti duraturi con persone di quelle regioni. La particolarità del caso è dovuta al fatto che l’area corticale nel lobo frontale sinistro sia quella cruciale per la produzione del linguaggio. Mentre l’ictus ha colpito il paziente nella parte destra».
La prima tappa del percorso di studio
«Per capire l’origine di questa anomalia e scoprire se il malore aveva danneggiato altre aree del cervello, non indagate durante una prima valutazione clinica, siamo ricorsi alle mappe di ipometabolismo. Tracciati utili a studiare eventuali lesioni del cervelletto. La nostra ipotesi – continuano Priftis e Algeri – puntava a verificare se una lesione emisferica destra potesse aver causato un metabolismo ridotto al cervelletto sinistro, per diaschisi. Quest’ultima indica il danneggiamento (riduzione di metabolismo) di un’area distante da quella colpita dall’ictus, ma comunque connessa ad essa. In questo modo potevamo vedere che vi fosse una correlazione tra emisfero destro e cervelletto sinistro nel caso di insorgenza di sindrome da accento straniero».
Ecco cosa è successo nel cervelletto del paziente
Il cervelletto è una parte dell’encefalo necessaria per la coordinazione dei movimenti – inclusi quelli della bocca utili per parlare – e potrebbe, secondo alcune teorie, essere coinvolta nella sindrome da accento straniero. Un soggetto che cambia accento imposta lingua. Mandibole. Labbra. Laringe e faringe in modo diverso. «Dal nostro studio – sottolineano gli specialisti al lavoro sul caso – emerge che a un esame metabolico approfondito (Tac/Pet) vi è stato un netto ipometabolismo presente nel cervelletto. Abbiamo cioè dimostrato per la prima volta che una lesione silente al cervelletto genera la sindrome da accento straniero, anche in seguito a una lesione emisferica destra».
Due registrazioni: e studenti, amici e familiari individuano le cadenze slave nel paziente
Così, volevamo individuare il tipo di accento «e abbiamo fatto ascoltare una registrazione del paziente prima dell’ictus. E lo stesso testo, riletto dallo stesso dopo l’ictus. Quindi abbiamo sottoposto le due registrazioni audio a un panel di allievi di Priftis, anche per validare la teoria secondo la quale riconoscere l’accento è un fatto “soggettivo”. (La sindrome da accento straniero cioè va studiata sulla base delle impressioni ricevute ascoltatori). Ma in quella prima dell’ictus tutti gli studenti hanno valutato l’accento del paziente al 100% come italiano. Mentre nella seconda, dopo l’ictus, la stragrande maggioranza degli studenti hanno colto l’accento come straniero, riconoscendo cadenze slave. Lo stesso giudizio è stato confermato da familiari e amici del paziente».
I test neuropsicologici sul paziente non individuano problemi di afasia
Le aree del linguaggio sono tipicamente lateralizzate a sinistra, una lesione cerebrale in queste aree (fronto-temporo-parietale) può generare afasia, che è il disturbo della comunicazione verbale conseguente a danno cerebrale. Un disturbo che può interessare una o più componenti del complesso processo di comprensione e produzione di messaggi verbali. La difficoltà (deficit) di linguaggio che insorge dopo un ictus è per il 95% dovuto a lesioni dell’emisfero sinistro. E solo nel 5% in quello destro. Il paziente studiato però, pur colpito da ictus al lato destro, non aveva nessun deficit linguistico. Non presentava alcun deficit di natura afasica, come dimostrato dalla valutazione mediante test neuropsicologici.
Gli studiosi sono ricorsi anche all’uso di un software per l’analisi acustica
«Abbiamo analizzato il messaggio vocale – suono per suono, sillaba per sillaba – prima dell’ictus, e abbiamo confrontato lo stesso testo fatto registrare al paziente dopo l’ictus. Volevamo vedere le alterazioni. Per ogni step, pre e post ictus, il messaggio è stato segmentato in singoli frammenti – articolo, nomi, verbi ecc. – mediante uso di un software per l’analisi acustica. Di ogni segmento sono stati estratti i valori delle formanti. Le bande di frequenza che riflettono la configurazione del tratto vocale durante l’articolazione del singolo suono di vocali e consonanti – spiegano anche Serena De Pellegrin e Marika Gobbo dell’Uoc Clinica Neurologica Azienda Ospedale Università di Padova –.
L’analisi sul confronto tra pre ictus e post ictus
Non solo. La registrazione è stata trascritta in fonetica mediante Ipa (l’International Phonetic Alphabet), il sistema di scrittura alfabetico utilizzato per rappresentare i suoni delle lingue nelle trascrizioni fonetiche. Un lavoro accurato svolto da due operatori indipendenti, allo scopo di verificare che i suoni (foni) prodotti fossero appartenenti alla lingua madre». Quindi, la medesima procedura si è applicata alla registrazione post ictus. A distanza di tre anni dall’ictus la segmentazione e trascrizione sono state eseguite di nuovo con una terza valutazione allo scopo di capire se persistesse il deficit di accento. I foni si generano mediante un luogo e un modo specifico di articolare l’apparato della parola. «Il confronto tra pre ictus e post ictus ha evidenziato, dopo il danno cerebrale, la sostituzione di suoni di vocali e consonanti della madrelingua con altri non identificabili con la cadenza italiana» – chiariscono Priftis e Laura Barachetti –.
La sindrome possa essere causata da una rarissima mutazione genetica
La lesione cerebrale ha causato nel paziente una modificazione del luogo e del modo di articolare alcune vocali che ha generato nell’ascoltatore la percezione dell’accento straniero: ipotesi in linea con un ipometabolismo del cervelletto». «Le conclusioni sono che il caso italiano sia imputabile a un episodio accertato per la prima volta di calo del metabolismo al cervelletto sinistro e che la sindrome possa essere causata da una rarissima mutazione genetica – osservano i ricercatori –. Questa seconda ipotesi apre uno scenario affascinante e nuovo nella programmazione del linguaggio. La mutazione genetica porterebbe a utilizzare anche la parte destra nell’uso del linguaggio. Facoltà questa, finora, deputata da sempre solo all’emisfero sinistro»…