Conte e Di Maio nemici per la pelle. La revoca ai Benetton è solo cucina interna al M5S
O revoca o morte. E l’intervista al Fatto Quotidiano, in cui Conte di fatto liquida i Benetton da Autostrade conferma che l’avvertimento grillino ha sortito l’effetto sperato. Almeno dal punto di vista dei Cinquestelle, che proprio sulla revoca della concessione al gruppo trevigiano hanno scavato l’ultima trincea a difesa della propria unità e della propria identità. Se arretrano, di loro e del loro armamentario non resterà più niente. È tornato a sorridere persino Alessandro Di Battista dismettendo per l’occasione il ruolo di basta contrario del MoVimento. «Sono orgoglioso del premier», ha tenuto a far sapere.
Su Autostrade Conte incassa anche gli elogi di Di Battista
Chi, al contrario, non ne ha motivo è invece Luigi Di Maio. Da tempo l’ex-capo politico ha cambiato registro dando l’impressione di pensare più ai dossier della Farnesina che alle beghe interne. Non per questo, però, i suoi silenzi, alternati a sortite “ecumeniche”, sono passati inosservati. Soprattutto ha cominciato a destare qualche apprensione (a Palazzo Chigi) la fitta rete di relazione intessuta negli ultimi mesi e culminata nell’incontro di qualche giorno fa con Mario Draghi. Ma prima ancora, Di Maio si era visto con il leghista Giancarlo Giorgetti e con Gianni Letta, gran visir del berlusconismo. L’uno e l’altro tutt’altro che ostili all’ipotesi di quel governissimo che sta al premier e ai grillini come l’aglio ai vampiri. Soprattutto al primo che ne sarebbe la vittima designata.
L’ex-capo politico grillino attratto nell’orbita del governissimo
E questo spiega perché nello stesso giorno (oggi) in cui Di Maio trova ospitalità sul Foglio, Conte trova rifugio sul Fatto Quotidiano. Due voci diverse per due diverse prospettive. Non per niente nel momento in cui l’ex-capo politico sembra discostarsi dall‘ortodossia grillina, il premier ne brandisce l’identità più profonda ingaggiando in prima persona il duello con i Benetton. Un modo per fare terra bruciata intorno al suo ministro degli Esteri. E tentare di impedirgli di manovrare la massa dei parlamentari quando in autunno la fragilità dell’attuale governo emergerà in tutta la sua dirompente evidenza. Comunque sia e comunque finirà, l’appuntamento del M5S con la propria dissolvenza è solo rinviato.