Foibe, vergogna Rai: gli strafalcioni sulla visita di Mattarella e tutte le verità che hanno nascosto
«La mia Patria mi fa male». Vien voglia di dirlo, come Brasillach, «per i giuramenti non mantenuti,
per il suo abbandono e per il destino, per i suoi doppi giochi». È appena passato il giorno, dipinto come storico, dell’incontro tra i presidenti della repubbliche d’Italia e Slovenia, Mattarella e Pahor. Il Gr1 Rai apre così l’edizione del mattino. «Visita in Slovenia del presidente Mattarella: mano nella mano davanti alla foiba di Basovizza, è lo storico gesto che ha compiuto il capo dello stato con l’omologo sloveno, Pahor a Trieste dove hanno poi firmato un protocollo d’intesa per restituire alla comunità slava dopo 100 anni il Narodni dom, la casa di cultura bruciata nel 1920 dai fascisti, un gesto simbolico ricco di significato».
Per la Rai Trieste sta in Slovenia
Apprendiamo dunque dalla Rai, Radiotelevisione Italiana, che Trieste sta in Slovenia e così la Foiba di Basovizza. Chi paga e assume questi ignoranti? È possibile ascoltare roba simile? E poi, come mai non si spiega agli ascoltatori che cos’è la Foiba di Basovizza? Perché non si dice che fu riempita di 500 metri cubi di cadaveri di italiani di Trieste nei giorni funesti dell’occupazione jugoslava e comunista del maggio 1945? Meglio dire invece dell’incendio fascista del Narodni dom del… 1920, quando in Italia c’era il governo Giolitti e la Marcia su Roma sarebbe venuta due anni dopo.
Le parole di Abdon Pamich
Un grande italiano, Abdon Pamich, campione olimpionico a Tokio nel 1964 nella 50 km di marcia, ma soprattutto esule da Fiume, ha commentato con tristezza profonda la giornata: «Una corona di fiori in cambio di un palazzo. E noi ancora aspettiamo la restituzione delle case e delle nostre terre. Vincono sempre loro…». E rivolto al Presidente Mattarella ha chiuso: «Non sarete mai lasciati soli, ci avevano promesso, ecco qua. Meglio lasciar perdere». Parole sacrosante e amare.
La pacificazione? Non è così
Da decenni gli esuli istriani, fiumani e dalmati attendevamo un atto di scuse e di contrizione da parte di un presidente dei paesi eredi della ex Jugoslavia, ma ciò che è avvenuto ci ha lasciato l’amaro in bocca. La foto di Mattarella e Pahor che si tengono per mano a Basovizza dovrebbe essere il simbolo di una vera pacificazione. Ma non è così. Dietro ci sono troppe falsità, omissioni, baratti di bassa lega. E infatti il popolo non c’era, tutte cerimonie blindate e inaccessibili, meglio evitare…
Quelle tre piccole aste con le bandiere dell’Italia
Circola in rete un imbarazzante video dei preparativi alla foiba di Basovizza per l’arrivo dei presidenti: vengono issate tre piccole aste con le bandiere di Italia, Slovenia ed Unione Europea e viene ammainato il tricolore che alto svetta sempre sopra la foiba. Poteva dare fastidio.
L’incendio all’hotel Balkan
L’omaggio alla foiba di Basovizza avviene il 13 luglio, data che gli sloveni assumono essere simbolo delle violenze italiane e fasciste ai loro danni. 100 anni fa, quel giorno, fu incendiato a Trieste l’hotel Balkan (una parte era il “Narodni dom”, cioè casa del popolo) al termine di una manifestazione italiana. Si dimenticano di raccontare che la manifestazione era nata a seguito dell’eccidio di Spalato di due giorni prima – in cui i croati uccisero il comandante Tommaso Gulli e il motorista Aldo Rossi – sulla nave Puglia (quella che d’Annunzio volle poi al Vittoriale, simbolo dell’italianità assassinata in Dalmazia).
La Rai dimentica di raccontare che…
Si dimenticano di raccontare che ai margine della manifestazione triestina fu ucciso a coltellate da un gruppo di slavi un ragazzo di 17 anni, Giovanni Nini, e gli assassini si rifugiarono al Balkan, centrale degli “yugoslavisti” di allora. Si dimenticano di dire che quando la folla esasperata si lanciò tumultuosamente al Balkan, da lì iniziarono a sparare uccidendo un ufficiale italiano, Luigi Casciana. Poi ci fu l’incendio: il Balkan continuò a bruciare ed esplodere perché all’interno vi era una vera e propria santabarbara.
Nessuna parola da Pahor sulle foibe
Il presidente Pahor nel suo discorso ha detto: “Dopo 100 anni giustizia è fatta, ci viene restituito il Narodni dom, ora il torto è riparato”. Nessuna parola sulle foibe. Ed infatti l’Italia regala alla comunità slovena l’edificio di Via Filzi, nel pieno centro di Trieste, ricostruito con fondi pubblici e che fino ad ora era sede universitaria (che viene sfrattata) come s’era impegnato a fare l’ex ministro degli esteri Angelino Alfano il 9 novembre 2017 in cambio del voto sloveno per avere l’Agenzia Europea del Farmaco a Milano (cosa ovviamente perduta).
Quegli eroi erano terroristi
Ma non basta. Pahor, per venire alla foiba di Basovizza, oltre alla consegna dell’ex Balkan pretende dall’Italia l’omaggio ai quattro fucilati del 1930, quelli che loro chiamano eroi. Ma erano terroristi responsabili di attentati dinamitardi e incendiari, dal Faro della Vittoria alle scuole e agli asili della Lega Nazionale e dell’Italia Redenta, a istituzioni e giornali come il Popolo di Trieste dove fu ucciso il giornalista Guido Neri e furono gravemente ferite altre tre persone. Appartenevano un’organizzazione clandestina, denominata TIGR (acronimo di Trst, Istra, Gorica, Rjeka, cioè Trieste, Istria, Gorizia, Fiume) che operava per annettere queste terre al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, poi diventato Jugoslavia. Precursori di Tito, in pratica.
Un paragone inaccettabile
Anche a questa richiesta Mattarella si è piegato ed il presidente della Repubblica Italiana ha reso omaggio ai terroristi anti italiani tenendosi per mano con Pahor: una parificazione inaccettabile tra i martiri innocenti della foiba di Basovizza, simbolo delle migliaia di italiani assassinati dai comunisti slavi, e i terroristi rei confessi del Tigr.
Assurdo quel che è accaduto a margine della consegna
Verrebbe infine da ridere, se non facesse piangere e disgustasse, quanto accaduto a margine della consegna, alla prefettura di Trieste, delle massime onorificenze di Italia e Slovenia allo scrittore Boris Pahor. L’ultracentenario sloveno ha pubblicamente rivendicato di avere scritto una lettera di contestazione a Mattarella il 10 febbraio scorso, giorno del ricordo “per l’attacco all’armata yugoslava dicendo che ha fatto gettare nelle foibe non so quanti italiani”. “E’ tutta una balla – ha detto Pahor – non è vero niente”.
Il negazionismo militante
Negazionismo militante che mal si concilia con l’onoreficenza appena concessagli: il Quirinale non ha nulla da dire? D’altra parte, tuttora, dal colle più alto si fa orecchie da mercante sulla richiesta degli esuli di cancellare l’onorificenza (concessa allora da Saragat) a Tito, il maresciallo assassino, che risulta ancora Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana decorato di Gran Cordone.
Chi chiederà giustizia?
Questo dunque il risultato della “giornata storica”. Ha ragione Abdon Pamich nella sua triste considerazione. Ecco perché questa patria ci fa male: non ne possiamo più di vederla così, prona, dimentica, ignorante, bugiarda. E intanto aspettiamo una giustizia che non arriva. Cinquanta, sessanta, settant’anni fa cacciarono 350.000 italiani dall’Istria, da Fiume, da Zara e rapinarono ai nostri nonni, padri e madri, decine di migliaia di case, di beni, oltre che di vite e di ricordi. Nessuno ci ha restituito neppure un mattone. Chi chiederà giustizia per noi?
Parole da scolpire nel marmo. Ricordiamole sempre.
Ahi, serva Italia….