“Lo strano caso Italia”, scintille alla presentazione del libro di Barra Caracciolo: «I guai arrivano dall’Europa»

10 Lug 2020 17:02 - di Redazione
Barra Caracciolo

Scintille nella Sala conferenza della Fondazione Alleanza nazionale alla presentazione del libro Lo strano caso Italia di Luciano Barra Caracciolo con Albero Bagnai e Stefano Fassina, moderato dal direttore del Tg2 Gennaro Sangiuliano. «Tutti i nostri problemi nascono dai trattati europei. La stagnazione dell’Italia prima del coronavirus e adesso l’impossibilità di uscire da questa emergenza devastante». Questo è il punto di convergenza di tutti i relatori, sia pure con sfumature diverse.

Barra Caracciolo e le regole di Bruxelles

Luciano Barra Caracciolo, oltre che magistrato del Consiglio di Stato, è stato sottosegretario alle politiche economiche del primo Governo Conte. Quindi ha avuto una postazione privilegiata per valuta l’impatto delle regole di Bruxelles sulla nostra economia. Così «il libro», ha esordito Sangiuliano, «è una perfetta sintesi tra cultura giuridica e teoria economica  che ci aiuta a comprendere quello che sta accadendo  al nostro paese». Soprattutto per evidenziare il contrasto stridente che esiste tra i trattati europei e i principi fondamentali della nostra Costituzione.

I trattati e il principio di concorrenza

Infatti, mentre la Costituzione ha una visione solidaristica, i trattati sono fondati esclusivamente sul principio di concorrenza secondo l’impostazione dell’ideologia neo-liberista. Infatti «anche nell’emergenza Covid la solidarietà europea appare solo di facciata», ha aggiunto Sangiuliano.

L’intervento di Fassina

«Ho scommesso con diversi colleghi che fino alla fine delle anno non arriverà un euro dal Sure, il fondo europeo che dovrebbe garantire la cassa integrazione dei lavoratori»,  ha detto Stefano Fassina. Il deputato “eretico” di Leu ha centrato il suo intervento sul ruolo anomalo della Banca Centrale Europea. «La Bce per il suo statuto non può fare il prestatore di ultima istanza dei debiti pubblici europei e stampare moneta per lo sviluppo, come fanno la Federal Reserve degli Usa e tutte le banche centrali del mondo». E ancora: «Anche quello che oggi viene fatto con il Quantitative Easing è solo un decimo di quello che dovrebbe essere fatto per fronteggiare una crisi economica grave come quella del Covid».

«La politica italiana deve svegliarsi»

Per concludere con questo segnale inquietante: «Se la politica italiana non si sveglia in autunno rischiamo una rottura di sistema», ovvero vere e proprie rivolte popolari per fame e disoccupazione. «Oggi la Banca centrale europea dovrebbe sterilizzare i titoli di stato comprati dai vari stati europei, cioè dovrebbe sostanzialmente cancellare  il debito pubblico generato dall’emergenza Covid».

La provocazione di Bagnai

«Non è vero che i trattati europei sono rigidi», è stata la provocazione del senatore Alberto Bagnai, responsabile economico della Lega. «I trattati sono fin troppo flessibili, ma sempre e solo a favore di paesi come la Francia, che da tempo viola il limite del 3% nel rapporto deficit/pil o della Germania in costante surplus commerciale rispetto agli altri paesi membri». La realtà è che l’Italia per tornare al Pil del 2007 con queste regole e questi ritmi dovrebbe aspettare almeno il 2050. E, attenzione quando vi parlano di riforme strutturali, perché queste riforme significano una sola cosa: pagarvi di meno in termini di taglio dei salari».

Le conclusioni di Barra Caracciolo

Infine l’autore del libro Barra Caracciolo ha sottolineato «l’importanza della spesa pubblica per rimettere in moto lo sviluppo, non solo come investimenti ma soprattutto come spesa corrente, che significa, tra l’altro, stipendi per medici e infermieri, acquisto di materiale sanitario, necessità che abbiamo riscoperto dopo l’epidemia Covid. Ed è per questo che il Mes, oltre ad essere un pericolo, non serve a niente per fronteggiare l’emergenza . È un prestito in sette anni che non può essere utilizzato per le vere urgenze della nostra sanità». Infine un invito a non illudersi sulle flessibilità dei paesi del Nord: «La Germania preferisce sfasciare l’eurozona che rimettere in discussione i trattati».

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