Roma, sequestrato l’impianto per rifiuti di Rocca Cencia: indagati 6 manager dell’Ama
Sei fra manager in carica ed ex-manager di Ama sono indagati dalla Procura di Roma. Per tutti, gli inquirenti hanno ipotizzato reati ambientali in relazione al sequestro preventivo di parte del Tmb (trattamento meccanico-biologico) di Rocca Cencia, di proprietà della municipalizzata dei rifiuti. Fra questi, l’ex-direttore operativo ed ex amministratore unico Massimo Bagatti, l’ex-dg Stefano Bina, il direttore operativo Marco Casonato, il responsabile impiantistica Emanuele Lategano, il suo predecessore Pietro Zotti e, infine, il responsabile del sito Riccardo Stracqualursi.
Nel 2019 anche Salvini manifestò contro il Tmb
A far scattare l’indagine, le numerose denunce presentate da molti cittadini sempre più inferociti dai mefitici miasmi costretti a respirare. Ma prima delle denunce c’erano state le proteste. Ad una, nell’ottobre scorso, partecipò anche Matteo Salvini. La sua presenza non mancò di sollevare un vespaio polemico con l’Ama. L’azienda capitolina tentò di inibirgli l’accesso con la motivazione dei concomitanti lavori di manutenzione dell’impianto. Per tutta risposta Salvini segnalò l’accaduto al prefetto. In quell’occasione i residenti di Rocca Cencia raccolsero anche le firme per chiedere le dimissioni di Virginia Raggi.
A Rocca Cencia cittadini esasperati dai miasmi
Gli inquirenti sono convinti che il trattamento dei rifiuti, causa anche la cattiva manutenzione dell’impianto, non avveniva in maniera conforme alle norme. Hanno anche riscontrato irregolarità in materia di sicurezza e tutela dei lavoratori. Da qui la decisione di mettere i sigilli del sequestro preventivo del Tmb di Rocca Cencia. L’impianto resta tuttavia in funzione. La Procura parla di «grave pericolo di compromissione per la salute pubblica e per l’ambiente», dovuto anche «all’elevato flusso dei conferimenti di rifiuti presso l’impianto». La situazione di illecito funzionamento del Tmb, scrive il Gip, «è ampiamente reiterata nel tempo». Infatti, lo aveva segnalato all’Ama un primo procedimento penale. Ciò nonostante, si legge ancora nell’atto d’indagine, «Arpa Lazio non ha adottato alcuna strategia gestionale per risolvere i problemi e adeguare l’impianto alle prescrizioni dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale, ndr.)».