Smart working, la ministra Dadone vuole chiudere le donne in casa anche dopo la pandemia (video)
La ministra per la Pubblica amministrazione Fabiana Dadone vuole continuare con lo smart working anche quando l’emergenza sarà passata. Una presa di posizione che non tiene conto dei molti risvolti negativi che questa modalità presenta per i lavoratori e per la società. La mancanza di socialità con i colleghi, l’impossibilità di dialogo all’esterno delle mura domestiche, la difficoltà delle donne di concentrarsi in casa, i mancati introiti di bar e ristoratori, il mancato controllo dei dipendenti. Sono tutti aspetti dello smart working che non tarderanno a dare i loro frutti mentre per l’azienda esiste il concreto risparmio dei costi della struttura. Per le donne gli effetti dello smart working non sono stati ancora definiti con chiarezza ma è sicuro che, dopo secoli di lotta per l’emancipazione, il lavoro agile torna a relegarle in casa. La ministra Dadone sembra però contentissima di costringere tutti gli impiegati al lavoro cosiddetto “agile”. E la chiama la sua “idea ribelle”. “La mia idea ribelle in verità sono due: è il lavoro smart, che è stata una grande occasione durante la pandemia ed è stata una grandissima prova per la Pa, la più grande azienda italiana, che vorrei fosse il traino anche dopo con la ripartizione del Recovery Fund. E l’altra idea folle – ha aggiunto – è che la Pa deve chiedere una sola volta un documento: Once only, quindi gli uffici pubblici devono avere banche dati che dialoghino tra loro”.
#Dadone: “La mia idea ribelle per il futuro? Continuare con #smartworking” pic.twitter.com/mE35Bu9Ski
— Agenzia VISTA (@AgenziaVISTA) July 25, 2020