Kamala Harris: nera, donna, immigrata. La sinistra nostrana ha trovato un’altra icona cui inginocchiarsi
Kamala Harris farà campagna elettorale in America come vice di Joe Biden. E’ coloured (figlia di una indiana e di un giamaicano) , immigrata, donna. Lo avrete capito: la sinistra si sta già squagliando in un entusiasmo zuccheroso. Pieno di vanteria per la scelta di Biden (ma dimenticando che la Harris aveva accusato il candidato democratico di razzismo). Ma si sorvola su tutto. Kamala, senatrice della California, è il volto adatto per sostituire Carola e Greta, un volto femminile da circondare con un’aureola posticcia per far dimenticare che da noi il femminismo difende il mondo Lgbt ma non le donne.
Nicola Zingaretti entusiasta di Kamala
Ecco il gongolante Nicola Zingaretti: “Con Joe Biden, Kamala Harris correrà come candidata vice presidente Usa. Per la terza volta una donna candidata, per la prima volta afroamericana. Un grande team democratico!”. Non è bellissimo? Basta dire “una donna candidata” e tutto si tinge di rosa. Come sanno bene i romani che sopportano da anni una sindaca, donna, del tutto incompetente. Ma la Harris, invece, è capace, tenace, ambiziosa. Ha sposato un avvocato di religione ebraica, Douglas Emhoff. E anche questo avrà un suo peso nella battaglia anti-Trump.
Le posizioni su Israele di Kamala Harris
Le sue posizioni su Israele sono in linea con il pensiero mainstream del partito democratico. La senatrice californiana sostiene una soluzione di pace con due stati e uno stretto rapporto di alleanza fra Stati Uniti e Israele, ha ottimi rapporti con l’Aipac, l’American Israel Public Affairs Committee, ed è stata in visita in Israele nel 2017 dove è stata ricevuta dal premier Benyamin Netanyahu.
L’ironia di Gervasoni: no al birignao sull’Obama donna
Ma torniamo in Italia, dove la sinistra si appresta a scuotere i ramoscelli d’olivo per salutare la ierofania della Harris. Per fortuna lo storico Marco Gervasoni, puntuto come sempre, già ha messo le mani avanti sul blog di Nicola Porro. “Vi prego, il birignao da terrazza romana sull’Obama donna, no! Rischiamo infatti, da qui alle elezioni di novembre, di essere investiti dai fiumi di melassa, quella attorno alla candidata alla vice presidenza Kamala Harris. Tripla melassa: la retorica della donna. Poi della donna di colore. Infine della immigrata. Tutti elementi peraltro solo parzialmente veri, tranne il primo: Kamala è donna, e pure gradevole ed elegante, tra l’altro. Eppure aspettiamoci tutta l’insopportabile litania sul “tetto di cristallo” che si infrange, cioè sull’arrivo ai vertici del potere politico di una donna”.
Ancora, secondo Gervasoni, il personaggio Kamala “classica rappresentante della élite cognitive che, assieme all’oligarchia della Silicon Valley, ha trasformato la California in un feudo dem” non sarà in grado di compiacere fino in fondo l’estremismo ideologico del movimento Black Lives Matter. Anche perché la Harris è tutt’altro che un’ estremista.
Il primo discorso di Kamala Harris
Intanto ha cominciato a puntare la fionda contro Trump. Il presidente americano – ha detto – non è ”all’altezza del suo compito” e gli Stati Uniti stanno ”andando a pezzi”, perché lui ”pensa più ai propri interessi che a quelli del popolo americano”. Inizia così, con un attacco diretto all’inquilino della Casa Bianca, il primo discorso di Kamala Harris. Harris ha contestato a Trump anche il modo ”sconclusionato” con cui ha gestito l’emergenza causata dal coronavirus e le ripercussioni economiche della pandemia. “Da Barack Obama e Joe Biden, (Trump, ndr) ha ereditato la più lunga crescita economica della storia. E poi, come tutto ciò che ha ereditato, l’ha distrutta”, ha dichiarato Harris. “Questo è ciò che accade quando eleggiamo qualcuno che semplicemente non è all’altezza del lavoro – ha proseguito – Il nostro paese finisce a brandelli e così anche la nostra reputazione nel mondo”. Ora, Harris dice che ”bisognerà lavorare tanto e sodo. Abbiamo bisogno di un mandato che dimostri che non siamo quello che siamo ora”.
S’infiamma la campagna elettorale negli Usa
Trump ha reagito a modo suo, affibbiando a Kamala il soprannome di “phony” (fasulla, ipocrita). E ha messo così quel pepe che finora mancava nella campagna per le presidenziali. E si capisce così anche quale sarà lo schema: Kamala è il centravanti, Biden la “spalla”, il quale per ora punta sulla retorica femminista applicata all’ideologia del sogno americano: “Questa mattina, in tutta la nazione, quando le bambine si sono svegliate forse si sono viste per la prima volta in un modo nuovo. Loro che spesso si sentono trascurate e sottovalutate nelle loro comunità, compresa quella nera. Oggi possono immaginarsi come presidenti e vicepresidenti”. E Trump, per non sbagliare, cannoneggia entrambi.