Legge elettorale, il Pd è rimasto con il cerino in mano. Cresce il dissenso intorno a Zingaretti
Magari fosse solo l’ordine sparso sul referendum di settembre a preoccupare il Pd. Il guaio è ben più grosso e finisce per investire il voto sulle regionali, la maggioranza di governo e, quel che più conta, la stessa leadership di Zingaretti. A dispetto dei toni felpati, degli inviti pressanti e degli appelli mobilitanti, i dem si stanno squassando silenziosamente. Per un Matteo Orfini che ha rotto gli argini del dissenso sussurrato per sfociare in quello urlato, ce ne sono tanti che ancora si trattengono in attesa della posizione ufficiale. Gli occhi sono puntati sulla prossima Direzione nazionale. «La terremo a giorni», assicura il segretario.
Del Rio agli alleati: «Subito il testo base»
Nel frattempo, però, crescono di numero quanti gli imputano eccessiva debolezza verso i 5Stelle. Il tema della legge elettorale proporzionale con sbarramento al 5 per cento, quale contropartita per il “sì” del Pd al referendum confermativo del taglio del numero dei parlamentari è rimasta una pia intenzione. Un accordicchio scritto sull’acqua. A pretenderne il rispetto, infatti, è solo il Pd. Italia Viva e Leu se ne guardano bene, viste le loro percentuali. Il M5S, dal canto suo, ha puntato tutto sulla vittoria referendaria. Lo stallo è totale. Tranne che nel partito di Zingaretti, dove la preoccupazione cresce d’intensità con il passare del tempo. Il 20 settembre si avvicina e prima di quella data Graziano Del Rio vorrebbe che il Pd sventolasse una bandiera per mobilitare i propri elettori. L’ex-ministro si accontenterebbe dell’adozione del testo base in Commissione. E chiede «coerenza ai nostri alleati».
Bonaccini incalza Zingaretti: «Votiamo sì al referendum»
Ma Iv e Leu non hanno interesse a togliere le castagne dal fuoco per il Pd. Quell’accordo li penalizza. E pensano che il varo di una nuove legge elettorale accorcerebbe la vita della legislatura. Gira e rigira, il problema è tutto di Zingaretti, strattonato dai fautori interni del “sì” e del “no”. A preoccuparlo è soprattutto l’attivismo di Bonaccini. Il governatore dell’Emilia Romagna è per il “sì”. E si sa quanto conti quella regione nelle decisioni della “Ditta“. Ma si allarga il fronte del “no”. Luigi Zanda ha evocato di nuovo il pericolo di una riforma monca dei necessari «contrappesi». Guarda caso gli stessi concetti esposti da Del Rio e lo stesso Zingaretti già due settimane fa. Da allora nulla si è mosso. Tranne il dissenso intorno al leader.