“Zone rosse” e zone d’ombra: i “giornaloni” spiazzati dalla verità nascondono le colpe di Conte

8 Ago 2020 15:10 - di Valerio Falerni
zone rosse

Lega da un lato, «scandaloso Tg1» dall’altro. In mezzo il pasticciaccio brutto della mancata perimetrazione delle “zone rosse” di Nembro e Alzano Lombardo, comuni bergamaschi della Val Seriana. La vicenda è vecchia, ma è diventata nota nei suoi allucinanti dettagli solo un paio di giorni fa, dopo la desecretazione dei verbali delle riunioni del Comitato tecnico scientifico. Dalla loro lettura è infatti emerso che il governo perse giorni preziosi. E quando si svegliò, fu per dichiarare “zona rossa” l’intera Lombardia. Nel frattempo, la curva del contagio in Val Seriana si era impennata fino a fare strage dei pazienti stipati nelle terapie intensive. Sul punto è pendente un’inchiesta giudiziaria che ha visto sfilare davanti ai pm il premier Conte e il governatore Fontana.

Corsera e Repubblica in imbarazzo sulle mancate “zone rosse”

La sensazione è che governo e Regione abbiano giocato allo scaricabarile, entrambe approfittando della confusione normativa sulla materia. In effetti, recintare la “zona rossa” è però incombenza che spetta sia all’uno che all’altra. E così non ha deciso nessuno. È altrettanto vero, tuttavia, che fino a ieri i giornali hanno fatto a gara nel puntare il dito contro la sola Lombardia. E per ragioni tutte politiche. Ovviamente. Ora, però, la desecretazione dei verbali li ha spiazzati obbligandoli a tirare il freno a mano. E il testacoda è evidente. La notizia non campeggia più in apertura, ma è magicamente diventata di rango inferiore. Oggi Repubblica “apre” sul Libano martoriato mentre il Corriere della Sera titola grosso sui contagi in salita omettendo le “zone rosse” persino nel catenaccio.

Lega all’attacco del Tg1: «Via il direttore»

Peggio di loro c’è solo il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio che la butta sulla procedura trincerandosi dietro il passo dell‘ordinanza del 23 febbraio, a firma congiunta del ministro Speranza e dello stesso Fontana. Vi si legge che il governatore, sentito il ministro della Salute, può modificarne le disposizioni «in ragione dell’evoluzione epidemiologica». Giusto, ma Travaglio dovrebbe spiegare perché sin dal primo momento abbia scaricato sulla sola Regione la responsabilità della mancate “zone rosse” quando dalla stessa ordinanza appariva evidente anche quella del governo. Ma a superare tutti è il Tg1. Attraverso Molinari e Romeo, capigruppo di Camera e Senato, la Lega ne ha denunciato il silenzio sulla richiesta di dimissioni di Conte. Inevitabile la conclusione: «Direttore a casa e pluralismo da ristabilire».

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