Fidanzati uccisi a Lecce: come si è giunti al fermo del 21enne, dalle striscette stringitubo al biglietto
Ha confessato il 21enne di Casarano. Si fa luce sul caso dei fidanzati uccisi a Lecce. È svolta nell’omicidio di Daniele De Santis, 33 anni, arbitro, ed Eleonora Manta, 30 anni, impiegata Inps. La coppia è stata uccisa la sera del 21 settembre scorso in un appartamento di via Montello a Lecce. Il giovane, ha detto il procuratore capo Leonardo Leone De Castris, è uno studente in Scienze Infermieristiche «con attività all’ospedale Vito Fazzi». Il procuratore ha parlato di un ragazzo che «era stato coinquilino, cioè affittuario di una stanza nei mesi precedenti e fino all’agosto scorso». Proprio nella casa dove è avvenuto il delitto. Ha agito senza pietà.
L’azione contro i fidanzati uccisi a Lecce
«L’azione omicidiaria sarebbe dovuta essere preceduta anche da una attività preliminare e prodromica all’omicidio. Non posso darvi su questo altri dettagli. Però, ciò che è stato rinvenuto nell’abitazione, le striscette stringitubo e altro materiale, ci indicano questa pista». Questi oggetti trovati «ci fanno propendere per l’ipotesi che l’omicidio dovesse essere in realtà una rappresentazione anche per la collettività».
Il possibile movente dell’omicidio
La ricostruzione della vicenda dei fidanzati uccisi a Lecce è complessa. Ancora adesso l’unica cosa che non è stata possibile ricostruire, secondo l’impostazione accusatoria, è il movente. Il movente è solo parzialmente ricostruito. «Questo per noi ha rappresentato una grande difficoltà iniziale. Infatti, senza movente è difficile stabilire quale sia la pista da imboccare». Probabile il movente passionale.
La svolta sui fidanzati uccisi a Lecce
«La ricostruzione si fonda su elementi di prova che sono rinvenibili principalmente su dati tecnici. Quindi visione dei filmati delle telecamere, intercettazioni, una parziale e preliminare perizia di comparazione grafica» sul bigliettino ritrovato. Oltre che su questo accertamento e sugli altri dati tecnici le indagini si sono basate su «attività di polizia tradizionale». E cioè «pedinamenti e riprese filmati del soggetto». Fondamentali le immagini che «per fortuna in questi giorni i media non hanno pubblicato».
Il bigliettino
«È stato trovato un bigliettino nell’immediatezza dei fatti. Inizialmente non si sapeva se fosse stato volontariamente messo lì o se fosse caduto», ha spiegato il procuratore. «Si è stabilito ben presto che in realtà era stato perso dall’aggressore. E questo ha dato la possibilità di comparare questa grafia con quella dei documenti presso la Prefettura e presso il Comune». Nel bigliettino «non vi è soltanto uno studio dell’itinerario da seguire per evitare le telecamere e quindi per agire in sicurezza. Ma vi è purtroppo anche la programmazione delle modalità dell’azione omicidiaria che sarebbe dovuta essere preceduta anche da una attività preliminare e prodromica all’omicidio». «La ricostruzione dell’episodio ci dice che c’è stata una fortissima premeditazione. E questo è rinvenibile sia dall’attività di ispezione che il soggetto ha fatto nei giorni precedenti e anche durante la giornata dell’episodio, sia dall’esame e dall’interpretazione del bigliettino».