Il Novecento e il confronto sulla modernità: da Longanesi a Marinetti, dal Futurismo a Pasolini
La “modernità”, affermatasi nel secolo appena trascorso – intesa sinteticamente come l’irruzione nella vita quotidiana di ognuno di noi, di oggetti tecnici o tecnologici sempre più sofisticati – ha prodotto costantemente dei contraccolpi rilevanti nel sentire comune. Sbilanciamenti, che anche ai nostri giorni possiamo verificare, con l’avanzata impetuosa e inarrestabile, in ogni comparto delle nostre esistenze dell’alta tecnologia. Gli esempi da fare non mancano di certo, è sufficiente dare uno sguardo alle modalità di sviluppo del mondo della comunicazione e dell’informazione. O nel settore delle applicazioni sempre più sbalorditive nel campo della robotica, della medicina, delle nanotecnologie.
La modernità e i sentimenti contrapposti
Le opportunità, generate dalle molteplici potenzialità offerte da questi aspetti della modernità, producono sentimenti contrapposti, nell’animo delle persone. Chi ne è entusiasta, per le oggettive, capacità di soluzioni di problemi ritenuti magari fino a quel momento insormontabili offerti dalle varie tecnologie, e chi nutre nei confronti di essa diffidenza. Leggendovi, minacce a usi, comportamenti, valori consolidati. Schieramenti, che si formano e polarizzano rispetto a questioni del genere. Negli Anni Venti del “900, trovarono casa, per sostenere le rispettive e drasticamente alternative concezioni di modelli di vita, nei “Movimenti” che furono denominati “Strapaese” e “Stracittà”. A loro supporto, sorsero delle riviste che sventolavano gli stendardi delle argomentazioni contrapposte.
La rivista “Il Selvaggio”
Punto di aggregazione di energie artistiche e culturali degli “strapaesani” fu la rivista Il Selvaggio diretta dal pittore, incisore toscano Mino Maccari. Come risposta gli “stracittadini”, sotto la direzione dello scrittore, drammaturgo Massimo Bontempelli fondarono la rivista ‘900 . Le ragioni sostenute da”Strapaese”, nascevano da contesti culturali lievitati in Toscana. Maccari era nato a Siena nel 1898. Partecipò diciottenne alla Grande Guerra, fu un fascista della “prima ora”, partecipò alla Marcia su Roma. Massimo Bontempelli lombardo, nato a Como nel 1878, con iniziali simpatie per il Futurismo, a seguito di soggiorni nella città di Parigi, s’avvicinò al Movimento Surrealista di André Breton. “Strapaese”, si poneva come strenuo difensore della maestosità della storia italiana, fatta dei suoi usi e costumi e nella sua fantastica articolazione in mille borghi, ognuno dei quali intriso di peculiarità proprie. La salvaguardia della ruralità, e della cultura contadina da essa derivante, erano alla base dei loro convincimenti.
La contrapposizione alle mode della modernità
Esprimevano sentimenti fieramente antimoderni. Leggevano nella modernità, mode nate nell’Occidente capitalistico. Le quali, si affermavano, seguendo il loro intrinseco spasmodico anelito, all’incremento della standardizzazione dei comportamenti e dei consumi della società. Modello di sviluppo che a modo di vedere degli intellettuali del “Selvaggio” tra i quali ricordiamo la figura di Leo Longanesi e in un secondo momento quella di Curzio Malaparte, non poteva che andare in rotta di collisione, con i caratteri propri degli italiani. L’individualismo, l’iniziativa nel fare e il culto della bellezza e delle cose belle. Tutte caratteristiche del “genio italico”, che non potevano e non possono trovare spazio, in alcun orizzonte di omologazione. La rivista ‘900 fondata da Bontempelli e un Curzio Malaparte dai comportamenti quantomeno stravaganti, tanto che in breve abbandonò la rivista appena fondata, per andare a ingrossare le fila dei giornalisti suoi antagonisti fino a poco prima del Selvaggio.
Marinetti e il Movimento Futurista
Per più di un motivo, comprese volontà politiche chiaramente finalizzate, la vita del periodico gravitò su Parigi. Non fu certo casuale la scelta del 1909 di F. T. Marinetti, di lanciare il Manifesto della nascita del Movimento Futurista dalle colonne del quotidiano parigino Le Figaro. Memore dell’iniziativa, anche agli occhi dei fondatori del ‘900, Parigi si confermava palcoscenico idoneo per una uscita editoriale aperta a ospitare sollecitazioni artistiche e culturali cosmopolite. La rivista per alcuni numeri fu pubblicata in lingua francese. Con questi colpi netti, e inequivocabili i “novecentisti”, sprezzantemente additati dai “selvaggi” quali sostenitori di “Stracittà”, esplicitavano l’anelito a uscire da un clima culturale provinciale, ereditato da complessive sclerosi ottocentesche. L’esaltazione dei fenomeni di urbanizzazione, a discapito del mondo rurale, con tutte le comodità e le lusinghe che poteva offrire la città, definivano compiutamente le posizioni.
Le disparità di vedute
Entrambi i “movimenti”, risentivano di inquietudini, delle articolazioni del Regime che in via di assestamento cercavano di darsi nuovi equilibri. «Bisogna essere diciannovisti nel “19, nel “26, nel “34, finché Dio ci darà fiato». Questo sosteneva Maccari, teorizzando di fatto una permanente “Rivoluzione Fascista”. Ponendosi anche sotto questo piano all’antitesi del mondo rappresentato ai suoi occhi da Massimo Bontempelli. intellettuale incaricato di predisporre intelaiature di relazioni internazionali, artistiche culturali, idonee ad accompagnare la normalizzazione e il consolidamento del Regime. Questi accennati, sono solo degli aspetti peculiari a singoli periodi, durante i quali si sono manifestate, le conclamate disparità di vedute su certi temi.
Modernità, progresso e sviluppo
Ma le contraddizioni e le conflittualità, sui modelli di sviluppo non si sono certo esaurite in quelle polemiche. Solo a un occhiata superficiale possono sembrare così lontane. Basti pensare a tutto il sacrosanto armamentario teorico e operativo della Cultura ecologista. I pericoli, denunciati, in parte provati, dei rischi che il nostro pianeta sta correndo. Evidenti disarmonie, nei confronti del rispetto della vita in genere e della vita umana in particolare, affiorano tra le “tentazioni tecnologiche”. Trovare un giusto equilibrio, tra queste istanze così profondamente radicate nella coscienza dell’essere umano, è veramente difficile. Chissà, se su questi temi aveva ragione Gino Bartali con il suo “L’è tutto sbagliato l’è tutto da rifare”. Le parole di Pasolini, ci propongono distinguo illuminanti ”… io credo nel progresso, non credo nello sviluppo. E nella fattispecie in questo sviluppo”. Il tentativo della quadratura del cerchio tra “selvaggi” e”novecentisti”, si riproporrà con altre modalità e protagonisti. In ballo c’è tanto, troppo. Un crocevia complesso. Dove, come già accaduto, i migliori talenti delle due fazioni, avranno modo di sbizzarrirsi a dovere.