Repubblica arruola la Ferragni e perde Macaluso. “La ferocia contro Willy non riguarda il fascismo”
Il tentativo di ascrivere l’omicidio di Willy Monteiro Duarte al presunto “brodo colturale” della destra e di identificare come “fascisti” i quattro di Artena, capitanato da Repubblica e da alcuni esponenti della sinistra istituzionale come Alessia Morani, fa proseliti sui social. Tanto da arrivare a convincerne – anche – la regina: Chiara Ferragni. Negli stessi momenti in cui l’imprenditrice digitale condivideva la tesi fascista, però, su altre pagine c’era chi non solo la smentiva, ma rivolgeva un accorato appello a che una vicenda così tremenda non venisse banalizzata e strumentalizzata in questo modo. E, no, non si tratta di esponenti del centrodestra. A richiamare la politica – e la sinistra in particolare – a un atteggiamento più responsabile sono state, infatti, icone culturali della stessa sinistra: Emanuele Macaluso e Roberto Saviano, che ne ha ripreso il ragionamento.
Su Willy la Ferragni condivide la tesi “fascista”
Nelle storie del suo profilo Instragam Chiara Ferragni ha condiviso il titolo di Repubblica sulla tremenda, quanto famigerata, affermazione per cui “i familiari dei killer” avrebbero detto che Willy “era solo un immigrato”. Di più, Ferragni, poco dopo, ha condiviso un post di @spaghettipolitics in cui si legge che “i giornali non mettono il loro focus sul fascismo e sulla cultura predominante nella vita di queste persone”. Per Repubblica dev’essere stato il momento in cui si è chiuso il cerchio e, infatti, il post della influencer ha subito guadagnato il suo titolo in home page.
Saviano: “Non c’è l’odio razziale dietro la morte di Willy”
Più o meno mentre la Ferragni condivideva la tesi di Repubblica su Willy, però, il post di un altro personaggio seguitissimo smontava quella narrazione: Roberto Saviano. “La ferocia di Colleferro ci dice qualcosa di estremamente profondo su cui – ha avvertito lo scrittore – siamo tutti chiamati a una riflessione. Willy era straniero, no Willy era italiano. I suoi assassini sono di destra, sono palestrati e violenti, sono tatuati. Il clima in Italia è feroce, reso feroce da una politica che divide. Capisco tutti questi commenti, ma sono riflessioni superficiali, che non possiamo permetterci. Quando parliamo di odio razziale – sottolinea Saviano – sappiamo che non è questa la spiegazione per la morte di Willy. Quando parliamo dell’orientamento politico degli aggressori e dei loro muscoli, sappiamo che manca qualcosa”.
L’appello a smetterla con le “scorciatoie”
Saviano, che certamente non può essere tacciato di simpatie per la destra, dunque, rifiuta le tesi che la vorrebbero come “mandante morale” dell’omicidio di Willy. E fa di più: di fatto, lancia un appello dolente a cercare di volare un po’ più alto. Insomma, sembra che la tragica morte dell’esile, coraggioso, ammirevole Willy possa forse davvero smuovere le coscienze del Paese. Ma non nel modo in cui alcuni pretendono. Non nel senso che alcuni obbligano. “Non scegliamo dunque scorciatoie da dare in pasto all’opinione pubblica e apriamo piuttosto un dibattito serio, un dibattito davvero politico. Perché politica è tutto. Politica è vita e non lo scontro basso a cui siamo assuefatti”, ha scritto ancora un Saviano a suo modo sorprendente, che in questo ragionamento si richiama a un vero “padre nobile” della sinistra: Emanuele Macaluso.
La domanda scomoda di Macaluso
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