Covid, Paolo Crepet: «Le regole sembrano scritte da un tremebondo, il governo alimenta la paura»

16 Ott 2020 10:33 - di Fabio Marinangeli
Paolo Crepet

«L’adattamento è una forma di intelligenza e in parte si è verificato. Ma in giro c’è molta frustrazione. È legata al fatto che la classe dirigente, non solo il governo, sembra fare di tutto per aumentare il clima di paura e di sconcerto». Lo afferma in una intervista a QN lo psichiatra Paolo Crepet, 69 anni. È lapidario nel descrivere la situazione in Italia dopo sette mesi di pandemia. Usa una metafora per rendere l’idea di dove ci troviamo oggi: «C’è una pentola a pressione con sotto ancora il fuoco acceso. Speriamo che la valvola per il vapore regga perché il virus non sparirà in fretta».

Paolo Crepet: «C’è chi tira fuori rabbia e odio»

«La frustrazione deve convivere con il tempo d’attesa. E il tempo d’attesa va utilizzato al meglio. Inventiamoci qualcosa, c’è uno spazio di creatività enorme. Quando finirà tutto sarà come negli anni ’50, produrremo cose mai viste». La società è cambiata in tanti modi diversi, evidenzia Crepet. «Siamo tante persone. C’è anche chi ha reagito tirando fuori ulteriore rabbia e odio. È molto difficile cambiare quando siamo diventati così “conservatori”, nel senso che siamo tutti molto abituati a fare sempre le cose in un certo modo, perché ce lo ha permesso il benessere».

«Il pressapochismo non aiuta»

A marzo abbiamo visto salire contagi, ricoveri e decessi. Ed è cresciuta la paura. Oggi è la stessa paura o è cambiata? «Informazioni generiche e pressapochismo non aiutano», incalza Paolo Crepet. «La paura viene quando non si sanno le cose, non quando si sanno. Dare numeri così, ogni giorno, non ha senso. Il governo», secondo lo psichiatra, «ci dovrebbe aiutare togliendoci un po’ di paure.  Ci diano notizie chiare e certe. Sapere che ci sono oltre 8mila casi significa conoscere un numero, ma non chi il virus sta colpendo».

Paolo Crepet: «Non c’è nulla di chiaro»                                            

«Eravamo abituati a prendere in considerazione chiunque», aggiunge Crepet. «Qualsiasi ignorante poteva dire la sua. Ma un filosofo o uno storico dell’arte non possono parlare di vaccini, perché non è opinione ma è salvare vite umane. Ora che questo non è più possibile a qualcuno dà fastidio». Perché pensa che la società sia più frustrata? «Perché ha bisogno di chiarezza. Anche l’ultimo Dpcm sembra scritto da una persona tremebonda. Non si dice nulla di chiaro e di definitivo. Capisco gli interessi sulle attività economiche. Però il governo non deve essere un mediatore. Dobbiamo capire cosa occorre anche se significa cambiare gli stili di vita».

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