“Non è l’Arena”, è il ring dei manettari: Giletti a un passo dallo scontro fisico con Pedullà

27 Ott 2020 14:33 - di Marzio Dalla Casta
Giletti

Mancavano solo i gol degli Insigne, fratelli contro in Benevento-Napoli. Li avesse avuti, il derby serale dei manettari di Non è l’Arena sarebbe risultato ancor più avvincente di quello campano del pomeriggio. In compenso, c’è stato uno di quei quasi-gol che hanno immortalato le radiocronache di Niccolò Carosio. Ed è stato quando il volto di Massimo Giletti si è fermato a pochi centimetri di quello del giornalista Gaetano Pedullà, nel frattempo già in piedi nella classica posizione di guardia. Un faccia a faccia da veri duri, e per giunta senza mascherina. Ma tanta passione era più che giustificata. Giletti era infatti tornato sul luogo del delitto, cioè la mancata nomina di Nino Di Matteo al vertice del Dap, l’amministrazione penitenziaria.

Giletti quasi alle mani con il giornalista ospite

La storia è risaputa. Ed è figlia di un pasticciaccio bruttissimo sfornato dal ministro Bonafede, che prima fece credere al pm della Trattativa di non vedere in quel ruolo altri che lui per poi notificargli, all’indomani, di avergli preferito il meno celebre Basentini. A spiattellare il retroscena fu lo stesso Di Matteo in una telefonata alla trasmissione di Giletti, seguita ad una precedente di Bonafede. Ne scaturirono polemiche infinite e richieste di dimissioni poi vanificate dal soccorso renziano al Senato. Nel campo dei manettari, però, la ferita non si è mai del tutto rimarginata. Ha infatti ripreso a sanguinare dopo che Di Matteo ha contribuito a pensionare, per raggiunti limiti di età, Piercamillo Davigo dal Csm.

Scontro sulla mancata nomina al Dap di Di Matteo

Un vero tradimento, a sentire Pedullà (un simil-Travaglio senza sorrisetto). Pedissequa applicazione delle regole, secondo Giletti. Ma la brocca è saltata quando il conduttore è tornato su Bonafede rinfacciandogli di non aver mai davvero spiegato i motivi a base dell’opzione Basentini. Così ha insinuato: «C’entrano forse le pressioni dei mafiosi detenuti?». Troppo per uno come Pedullà, i cui quarti di giornalista antimafia discendono direttamente (testuale) «dall’auto fumante di Giovanni Falcone». Così ha reso a Giletti pan per focaccia: «In questo modo lei fa un favore alle cosche». E poco è mancato che passassero a vie di fatto, appunto al quasi-gol. Che dire? Certo, un tempo il derby dei manettari aveva uno stile diverso, certamente più compassato. Oggi è più ruspante. Che poi è la stessa differenza che negli sport distingue i professionisti dai dilettanti.

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