Di Battista prepara la scissione e Fico fa lo struzzo: «Nel M5S si discute senza problemi»
È il tipico rumore dei piatti rotti quello che sale dalla “cucina” dei Cinquestelle. Lo stesso che di solito segnala l’impossibiltà di proseguire la convivenza e quindi l’anticamera del divorzio. È così anche nelle migliori famiglie. Se né Di Maio né Di Battista lo dicono apertamente è solo per non intestarsene la responsabilità davanti a quel che resta dell’elettorato. Ma che lo sbocco sia quello, appare difficilmente evitabile. Prova ne sia la scelta di Davide Casaleggio di interrompere i servizi e le iniziative in corso sulla piattaforma Rousseau.
Di Battista ha il sostegno di Casaleggio Jr.
Una decisione senza precedenti, che in un colpo solo evidenzia la vistosa crepa apertasi nel MoVimento, la morosità di molti parlamentari e la netta presa di posizione del figlio del guru in favore di chi, come appunto Di Battista, contesta – ormai pubblicamente – la linea ministeriale del M5S incarnata da Di Maio, il suo ex-gemello diverso. Non convince perciò nessuno la flemma sfoggiata da Roberto Fico sulle tensioni interne, da lui derubricate ad «opinioni». L’importante, ha aggiunto il presidente della Camera, «è dibattere ed è giusto un dibattito interno nel Movimento senza alcun problema».
Il M5S è una polveriera pronta ad esplodere
Ancora meno convince l’indifferenza di Di Maio, che si fa trovare immerso nel ballottaggio di Pomigliano d’Arco, sua città natale dove il M5S tenta di conquistare il Comune in pieno accordo con il Pd. La stessa alleanza bollata da Di Battista come «la morte nera». Ma Di Maio la butta sul pratico. «Abbiamo 209 miliardi di euro di bilancio da spendere spendiamoli bene e quindi votiamo bene», avverte infatti dal proprio profilo Facebook, alludendo ai fondi del Recovery Fund. In realtà, quei soldi non ci sono ancora e forse non arriveranno nei primi mesi del 2021, come preventivato. Ma in campagna elettorale tutto fa brodo, anche una mezza bugia. A maggior ragione se il M5S sbuffa come una pentola a pressione. Lo dimostra meglio di ogni considerazione lo sfogo di un peone come il deputato Francesco Sapia. Lui è uno di quelli che versa regolarmente la quota mensile alla piattaforma Rousseau. Ce l’ha con Casaleggio Jr. che, chiudendola, «ha sparato nel mucchio». Ma ancor di più con il reggente Vito Crimi che, stigmatizza, «poteva anche farsi sentire».
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