Il coronavirus dilaga in Campania. Allo “sceriffo” De Luca si è inceppato il lanciafiamme
«Cumpari, guallèra era: no cugghiuni». Un detto ironicamente spietato. I siciliani lo usano per indicare l’errore di valutazione sugli “attributi” di una persona. E sembra calzare a pennello su Vincenzo De Luca, alias ‘o Sceriffo, il governatore campano diventato improvvisamente “piccolo piccolo” dopo aver giganteggiato in ogni dove, persino all’estero, nei mesi in cui infuriava il morbo. Ricordate? Più che un politico, sembrava Rambo. Evocava il lanciafiamme contro i renitenti alla mascherina, sfornava ordinanze che a Wuhan se le sognavano, tuonava sui social e imperversava in tv.
Grazie al “lanciafiamme” ‘o Sceriffo ha vinto le elezioni
Un duro, insomma, ma anche un taumaturgo. Anzi la versione 4.0 di San Gennaro. Se il Patrono di Napoli aveva fermato con le mani la lava del Vesuvio, a lui è bastata un’occhiataccia per scoraggiare il virus. Facile, del resto, con il morbo che flagellava soprattutto il Nord. E conveniente, visto che alle viste c’era il voto. Oggi, invece, ottenuta la rielezione, De Luca ha riposto il lanciafiamme per riprendere i viaggi della speranza. Ha già bussato a denari (il «piano B per le imprese») con il governo. In più ha chiesto medici e infermieri volontari. E se i reparti di terapia intensiva non dovessero bastare ad accogliere i pazienti campani, vi provvederà l’ospedale realizzato in tempi cinesi da Bertolaso nei padiglioni della ex-fiera di Milano.
Ora si scopre che contro il virus ha solo fatto la «faccia feroce»
Scusate se è poco per uno che negli ultimi cinque anni si è riempito la bocca di «rivoluzionari piani sanitari», di primati inesistenti e di fantasmagorici progetti. Tutta fuffa. Pura propaganda elettorale favorita dal panico scatenato dalla pandemia. Ora che il virus dilaga soprattutto in Campania, chiunque può rendersi conto che abbaglio sia stato scambiare la guallèra di De Luca per i cugghiuni di Napoleone. Per fortuna, ai Masanielli laggiù hanno fatto il callo. E non da ora. Che quelli non fossero cugghiuni, i napoletani l’avevano capito da tempo. Del resto, ancora ricordano il «facite ‘a faccia feroce» ordinato ai soldati borbonici come estrema risorsa con cui intimorire il nemico. Proprio come ha fatto ‘o Sceriffo con il virus. Altro che lanciafiamme.