Palamara alle “Iene”: «Magistrati politicizzati? Berlusconi aveva ragione. Le correnti dominano»
«Ancora ritengo che la partita non sia finita… e non lascerò nulla di intentato affinché possa essere scritta veramente la verità di quello che è accaduto». Lo dice Luca Palamara, in un’intervista esclusiva, che andrà in onda stasera, martedì 13 ottobre, in prima serata su Italia1 a Le Iene Show.
Palamara dà la sua versione dei fatti ad Antonino Monteleone e Marco Occhipinti. Spiega come – secondo lui – in Italia le nomine dei magistrati sarebbero tutte dettate da logiche di spartizione tra le correnti politiche delle toghe e non dalla meritocrazia. Per la prima volta in tv da quando ha dovuto dismettere la toga, ripercorre tutte le tappe della vicenda balzata agli onori della cronaca negli ultimi mesi. Le intercettazioni telefoniche a sua insaputa durante una cena che l’ha messo nei guai per trovare i voti ad uno dei candidati per il posto di Procuratore a Roma.
E su come funzionano le cose tra i magistrati alle Iene dice: «Chi non appartiene a una corrente è sicuramente penalizzato», dichiara. «Ci stanno dei casi ma molti rari di cui un non appartenente a una corrente ricopre un incarico perché questo avviene soprattutto per i posti di minore importanza, per i più importanti le correnti sono dominanti».
Palamara spiega come funzionano le nomine
«Chi non appartiene a una corrente è sicuramente penalizzato. Se un candidato non ha l’appoggio delle correnti non riesce a diventare Procuratore della Repubblica». E poi ancora. «Chi partecipa ad un concorso per diventare Procuratore della Repubblica, normalmente lo fa facendo una cosiddetta autorelazione», racconta Palamara. Spiegando che l’autorelazione «spesso diventa una sorta di autoesaltazione del magistrato, dove elencano una serie di titoli che ha ovviamente conseguito in carriera. Chi la fa è normalmente una persona sicuramente titolata». Dal «punto di vista dell’anzianità e del merito. Cioè vuol dire che è uno in grado di poterlo fare altrimenti non è che fa la domanda l’ultimo sprovveduto. È vero – ammette però l’ex magistrato – che in quel momento e quel contesto chi vince deve avere un appoggio delle correnti, se non ha l’appoggio delle correnti non riesce a diventare procuratore della Repubblica».
Se è più importante essere bravo o avere amico Palamara? Palamara «adesso non c’è, diciamo è importante avere come amici gli esponenti delle correnti». Perché «chi è bravo rischia di essere penalizzato se non ha l’appoggio degli esponenti delle correnti, questo ci dice la storia».
«L’allarme lanciato da Berlusconi non era infondato»
«L’allarme lanciato da Berlusconi sulla politicizzazione della magistratura? Non era infondato». «Io non sono stato mai contro qualcuno nella mia carriera… Mai… E questo lo dico per tranquillità dei cittadini, io non sono stato un magistrato politicizzato. Al di là di quello che può emergere dalle chat ma ho cercato sempre di battermi per l’affermazione di una giustizia giusta». Assicura Palamara, che è stato tra l’altro presidente dell’Anm “nel periodo più acuto” dello scontro tra politica e magistratura ai tempi di Berlusconi. «Assolutamente è stata una fase che sicuramente meriterà di essere approfondita e rivista. Anche come dire alla luce di quello che è accaduto. –spiega l’ex magistrato – In quell’epoca tanto per fare una battuta ero fortemente alleato con le correnti di sinistra…».
Palamara sulle elezioni di Ermini
«Per le elezioni di Ermini ho interloquito con Lotti, Ferri, Movimento 5 Stelle e Forza Italia». Parlando della nota cena all’Hotel Champagne, Palamara spiega: «La presenza col politico, in questo caso l’onorevole Lotti, è avvenuta anche in altre situazioni, era già avvenuto in passato ad esempio come ho detto era tranquillamente avvenuta in occasione dell’elezione del vicepresidente del Csm». L’elezione, racconta, “si è svolta con la stessa dinamica… Per eleggere un vicepresidente occorre”. E «d’altra parte io ho avuto interlocuzioni anche con gli esponenti del Movimento 5 Stelle». Come «con quelli di Forza Italia, era una prassi dialogare in quell’occasione con chi voleva diventare vicepresidente. Chi diventa presidente deve avere l’appoggio delle correnti, se non lo ha non lo diventa».
Palamara: «Funzionava così»
«Funzionava così. Io ho agito in quel sistema. Oggi poi se diventa una situazione diversa, ne prendo atto però fuori dall’ipocrisia, funzionava così bisognava fare degli accordi tra i gruppi per individuare il miglior nome da scegliere, sia per il vicepresidente…». Poi aggiunge: «Le elezioni del vicepresidente hanno funzionato così, presupponevano gli accordi tra i gruppi». Anche prima di Ermini.
Le sembra giusto, le sembra equo che lei sia fuori ed Ermini no? «Guardi a me non sembra giusto perché io so di non aver commesso dei fatti illeciti, quindi non mi sembra giusto». E poi ancora: «Io sono sicuro di non aver mai barattato la mia funzione. Di questo sono sicuro, posso aver sbagliato come dire una frequentazione. Posso aver sbagliato un incontro ma quello che facevo era ricercare gli accordi come sempre avevo fatto nella mia attività. Quindi da questo punto di vista è il motivo per cui intendo ovviamente ricorrere e il momento in cui intendo far comprendere veramente quello che è accaduto».
Nomina di Pignatone a Roma
Quanto invece a quando il Csm ha nominato Giuseppe Pignatone procuratore capo di Roma l’accordo si è fatto, assicura Palamara, «assolutamente nei medesimi termini degli accordi tra le correnti». Cioè riunioni tra esponenti. «Chi individua il nome sono solo i magistrati – precisa – La politica, ovviamente, diciamo così dà un indice di ascolto di comprensione di quello che accade perché sono cariche importanti nella vita pubblica del paese e quindi chiaramente non rimane estranea a questi importanti momenti».
Basterebbe questo per far scattare le manette, ma in Italia tutto è possibile! Facciamo una riforma seria della giustizia!??????