“A Natale si morirà più di infarto che di Covid”: scenario tragico, l’allarme dei cardiologi

24 Nov 2020 14:10 - di Adriana De Conto
infarto

Si rischierà a breve di morire più di infarto che di Covid. A preoccupare non è solo quella quota di 50 mila decessi superata  dall’Italia. Il dato drammatico  ne racchiude un altro ancora, altrettanto devastante. L’allarme arriva infatti anche dai cardiologi: “Denunciamo la gravissima situazione che si sta determinando negli ospedali del nostro Paese a danno dei pazienti cardiologici a causa della pandemia. Dalla Lombardia alla Sicilia  assistiamo alla riduzione dei  posti letto cardiologici per fare posto ai pazienti Covid. Addirittura vengono chiuse intere unità di terapia intensiva cardiologica (UTIC) per creare terapie intensive per pazienti Covid. L’intasamento dei Pronto Soccorso ed i percorsi promiscui in questi servizi di pronto intervento stanno inoltre determinando la paralisi delle attività di importanti hub cardiologici. Non possiamo permettere che si protragga questa situazione”.

Infarto, il tempo è vita

Il rischio concreto è di avere nelle prossime settimane più morti per infarto che per Covid. “Perché le patologie cardiovascolari sono tempo-dipendenti“. Una situazione drammatica è quella dipinta  da FOCE (Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi), di fronte al progressivo depauperamento delle cardiologie e delle terapie intensive cardiologiche. Il rischio è di avere per i giorni del Natale più decessi per infarto che causati dalla pandemia.

Minuti di ritardo possono essere fatali

Per non morire di infarto il tempo è tutto. “Durante la prima ondata della pandemia, uno studio della Società Italiana di Cardiologia (SIC), condotto in 54 ospedali italiani, ha valutato la mortalità dei pazienti acuti ricoverati nelle Unità di Terapia Intensiva Coronarica, confrontandola con quella dello stesso periodo dello scorso anno – afferma il Prof. Ciro Indolfi, Vicepresidente FOCE e Presidente SIC -. A marzo 2020, si è registrata una mortalità tre volte maggiore rispetto allo stesso periodo del 2019, passando al 13,7% dal 4,1 %. Un aumento dovuto nella maggior parte dei casi a un infarto non trattato o trattato tardivamente.

Questi i dati riguardo la tempestività degli interventi. Ogni 10 minuti di ritardo nella diagnosi e nel trattamento di un infarto miocardico grave, la mortalità aumenta del 3% e un intervento successivo ai 90 minuti dall’esordio dei sintomi può addirittura quadruplicare la mortalità. “Non possiamo permettere il depotenziamento delle cardiologie ed è necessario ri-organizzare negli ospedali percorsi ad hoc per i pazienti cardiopatici acuti che dal territorio si ricoverano in urgenza”.

Infarto “Va preservata la rete dell’emergenza”

Il Prof. Francesco Romeo, Segretario FOCE e Presidente Fondazione Italiana Cuore e Circolazione Onlus ha aggiunto: “Mi risulta che, anche nel Lazio, si stiano penalizzando le strutture cardiologiche e si stiano chiudendo anche alcuni dei centri che eseguono elevati numeri di angioplastiche primarie . Più in generale, il numero di ricoveri per patologie cardiovascolari è crollato. Invece, va preservata la rete dell’emergenza cardiologica. Chiediamo a tutti – è l’appello del professore- di segnalarci situazioni di disagio per i pazienti”.

Si moltiplicano appelli e preoccupazioni rilanciati su tutti i siti:  “Noi siamo i medici che curano e seguono ogni giorno gli undici milioni di cittadini in Italia colpiti da patologie oncologiche, cardiologiche e ematologiche – spiega il Prof. Francesco Cognetti. Presidente di FOCE, all’Agi -. Ne conosciamo le necessità, i bisogni e le problematicità. Abbiamo il dovere di proteggerli. E assistiamo con grande preoccupazione alla sottrazione di chances di cura, che rischia di vanificare vent’anni di progressi nella riduzione della mortalità. Chiediamo al Governo di stilare atti formali di indirizzo e coordinamento, per porre un argine a questa situazione. Punto irrinunciabile a cui dovrà  lavorare il Tavolo Tecnico fra il Governo e FOCE  riguarda proprio la garanzia della piena operatività di tutte le strutture di oncologia medica; cardiologia (degenze cardiologiche e unità di terapie intensive cardiologiche) e ematologia (degenze ordinarie, day hospital, degenze per trapianto di midollo), anche a livello ambulatoriale”.

 

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