
Bruno Vespa tombale sul Dpcm: «È la dittatura del virus, così andiamo incontro alla paralisi»
Bruno Vespa nel corso della puntata di DiMartedì, ha fatto calare il gelo sulla trasmissione di Giovanni Floris, il programma in onda su La7: il conduttore di Porta a Porta è da tempo molto critico per la gestione dell’emergenza coronavirus nei confronti del governo e di Giuseppe Conte. Il suo interventi a commento del nuovo Dpcm inizia in sordina, apprezzando l’idea di dividere l’Italia in fasce differenti, a seconda dell’andamento epidemiologico. Poi spara a zero.
Dpcm, Vespa: “Ricadute psicologiche”
Ragazzi, così andiamo a sbattere, è il senso del suo discorso. Col suo fare sobrio ma diretto , incalza gli ospiti e il conduttore: “Stiamo pagando il prezzo di un federalismo che non funziona. C’è una dittatura del virus, mi preoccupano le ricadute psicologiche soprattutto per gli anziani. Capisco la prudenza di Conte ma non si può entrare in paralisi“, sottolinea Bruno Vespa. Insomma, “dittatura del virus” e, soprattutto, un pericolosissimo rischio-paralisi per il nostro paese”.
Coronavirus, cosa non torna
Ricordiamo le tante perplessità espresse dal conduttore in merito, ad esempio, al numero dei tamponi effettuati. Vespa dal suo salotto di Raiuno aveva messo in imbarazzo il governo. Rivolgendosi al sottosegretario Zampa, aveva fatto un ragionamento lineare e ben preciso. “Ci dicono sempre nuovi casi- ha affermato il padrone di casa nel suo intervento -. Però noi sappiamo che quando vanno a fare il tampone, e sono tanti che vanno a fare anche il secondo e il terzo, danno loro di nuovo il modulo come la prima volta. Ho il sospetto che quello sia considerato ogni volta un nuovo caso“. Vespa metteva nel dibattito un ulteriore elemento che resta controverso: sarebbe più corretto diversificare la modulistica per evitare di inserire nelle statistiche giornaliere i risultati di possibili tamponi multipli effettuati dalla stessa persona. Risultati, va da sé, che appesantirebbero i bilanci quotidiani.