Il “Presente” a Ramelli, l’incredibile motivazione del gup: «C’è una pericolosa deriva sovranista»
Fin dall’inizio era apparsa una sentenza tutta politica. Ma ora che sono uscite le motivazioni della condanna di cinque esponenti della destra militante per il Presente di Sergio Ramelli del 2019, le cose appaiono perfino più gravi di come sembravano. Il Gup, infatti, nel condannarli in virtù della legge Scelba, già in altri processi rigettata dalla Cassazione, ha sottolineato la necessità di arginare “una pericolosa deriva sovranista”. Altro che metodo Palamara.
Le incredibili motivazioni del Gup
Il ragionamento del Gup Manuela Cannavale, sintetizzato, è questo: il saluto romano del Presente per Ramelli non sarebbe finalizzato a commemorare il 18enne milanese ucciso a sprangate nel 1975 da militanti di Avanguardia operaia, ma un modo “di celebrare in modo enfatico ed orgoglioso il disciolto partito fascista“; il Presente, dunque, sarebbe non il ricordo del brutale assassinio di un ragazzino da parte di militanti della sinistra extraparlamentare, ma un atto di apologia di fascismo, finalizzato a “raccogliere adesioni” per la “ricostituzione di un partito fascista”; la condanna, quindi, è, secondo il Gup, un atto doveroso a difesa della democrazia, tanto più necessario “nel presente momento storico, nel quale episodi di intolleranza e/o violenza dovuti a motivi razziali sono all’ordine del giorno e si assiste a una pericolosa deriva sovranista“.
La Cassazione aveva già detto che non è reato
Come già ricordato, la Cassazione si è già espressa sul Presente, riconoscendo che non ha finalità propagandistica, ma che si connota, appunto, come un atto commemorativo. In virtù di questo, la Suprema Corte ha già assolto molti dei ragazzi che ogni anno, il 29 aprile, si danno appuntamento a Milano per ricordare con il Presente la fine tragica e di inaudita violenza di Sergio Ramelli. Dunque, sul tema esiste già giurisprudenza. Non pare, però, sia pervenuta al Gup Cannavale, che ora dà la sua innovativa lettura rispetto a fatti in tutto e per tutto identici a quelli già ampiamente giudicati in tre gradi di giudizio, per decine di imputati.
Qualcuno ricordi al Gup che è stato ucciso un ragazzino
Per Cannavale, infatti, “1.200 persone delle diverse realtà extraparlamentari di destra riunite in modo compatto, che insieme rispondono alla chiamata al Presente e contemporaneamente alzano il braccio nel saluto romano con orgoglio ed entusiasmo, certamente creano in soggetti che si ritrovano nelle loro idee una suggestione, una forza, una evocazione del passato regime tali da rappresentare un concreto tentativo di proselitismo e, quindi, un concreto pericolo di raccogliere adesioni finalizzata alla ricostituzione di un partito fascista”. Non solo: il giudice, infatti, ammette che “il reato di manifestazioni fasciste non può configurarsi giuridicamente come istigazione a riorganizzare il partito fascista”, ma stabilisce che “ne rappresenta indubbiamente gli atti prodromici necessari“. In tutto ciò, la figura di Sergio Ramelli, praticamente, scompare, non conta più, non è degna di alcuna pietas.
Le sconcertanti motivazioni politiche della sentenza
Ma, più delle forzature logiche di questo ragionamento e della scarsa conoscenza delle dinamiche e della storia della destra militante che emerge in alcuni passaggi, a sconcertare sono le valutazioni politiche. Condannando i cinque, fra i quali il leader di CasaPound Gianluca Iannone, a pene tra un mese e un mese e dieci giorni di reclusione, infatti, il giudice scrive che esiste una “esigenza di tutela delle istituzioni democratiche”, che “non è stata mai attuale come nel presente momento storico, nel quale episodi di intolleranza e/o violenza dovuti a motivi razziali sono all’ordine del giorno e si assiste ad una pericolosa deriva sovranista”.
Un giudice noto alle cronache
Non è la prima volta, comunque, che il giudice Cannavale firma sentenze controverse. Il 15 settembre di quest’anno, infatti, ha assolto un bengalese di 31 anni che aggredì senza motivo e rischiò di uccidere una donna di 64 anni per strada. La Procura aveva chiesto che andasse due anni in una Rems. Cannavale ritenne che non era necessario, accogliendo la tesi della difesa secondo la quale in quel momento l’uomo era mentalmente infermo, ma poi non lo era più stato. Secondo quanto riportato dal Giorno, la tesi adottata era che “il giovane, che aveva studiato legge, in Italia si ritrovò a lavorare come ‘operaio sottopagato per 3 euro all’ora’. Si sentiva solo e disperato. Anche da lì ebbe origine la sua psicosi, oggi superata“.
Il precedente simile
Il 21 febbraio dell’anno scorso, poi, per citare un altro caso, sempre Cannavale guadagnò le cronache per aver assolto per totale incapacità di intendere e di volere al momento dei fatti il 32enne camerunese Frankline Njuakeh. Lo straniero era anche lui accusato di tentato omicidio ai danni di uno sconosciuto. Senza motivo, aveva sferrato tre sprangate in testa a un uomo che stava aspettando il tram a Milano. In quel caso, per lo meno, il giudice dispose tre anni di misura di sicurezza in una Rems.