Maradona e Napoli, attrazione fatale: a dispetto degli emisferi, i Sud si somigliano sempre
Uno come Maradona non poteva che finire a Napoli. È questione di chimica, anzi di alchimia. L’uno era nato per l’altra. Diversamente, non avrebbe aperto gli occhi in una favela situata «alla fine del mondo» (copyright Bergoglio) per poi conquistare gloria immortale nell’unica città europea dove ancora c’è la plebe. A dispetto degli emisferi, i Sud si somigliano sempre. Tra quello di Maradona e quello napoletano fu addirittura magnetismo, attrazione fatale. Un destino intrecciato che trascendeva la pelota per farsi riscatto e rivincita.
Sotto il Vesuvio ritrovò la sua Argentina
A Napoli Maradona trovò l’humus terzomondista che in Sudamerica sforna guerriglieri, libertadores e campioni. E Napoli, città e squadra, intravide subito in lui il condottiero che l’avrebbe finalmente scossa dall’attesa messianica dello scudetto per elevarla sin dove osavano e spadroneggiavano i forti e accorti club del Nord. Una scintilla scoccata prima che subito. Bastò l’annuncio del suo acquisto a scatenare una gioia da trionfo mundial e bastò che la sua testa scura e riccioluta emergesse dalla scalinata dello spogliatoio per mandare in visibilio un San Paolo gremito di tifosi accorsi lì solo per vederlo palleggiare.
Maradona re di una città “monarchica dentro”
Scene che mai vedremmo a Torino, a Milano o nella stessa Roma. Lì giocano il derby e il tifo cittadino è fifty fifty. A Napoli no, non è permesso: il cuore è unico e non ammette affetti in condominio. La passione o è totale ed esclusiva o non è. Il derby di (e del) Napoli è diverso: si disputa da sempre contro “quelli di su”. E Maradona l’aveva fiutato prima ancora di arrivare. Del resto, era scugnizzo dentro. Avrebbe detto di lui Totò: «È in parte napoletano e in parte…nopeo». Un vesuviano nato all’estero per un banale disguido della cicogna. Apposta nessuno più e meglio di lui ha saputo conquistare il cuore pagano ed identitario di una città visceralmente monarchica e sempre in cerca del suo re. Lui di Napoli lo è stato. E non soltanto per il pallone.