Vecchioni asfalta il Conte sbagliato: «Colpa sua se l’Inter è una vagonata di incapaci mangia-gol»
L’importanza di chiamarsi Conte. Già, uomo fortunatissimo il premier: non ne imbrocca, ma peggio di lui fa il suo omonimo e conterraneo Antonio alla guida dell’Inter. Cosicché non stupisce se alla domanda chi dei due preferisse, dai microfoni di Un giorno da Pecora uno sfegatato nerazzurro come Roberto Vecchioni finisca per rispondere “Giuseppi” tutta la vita. L’interrogativo, direbbe Lubrano, sorge spontaneo: sarebbe stato così se l’Inter oggi svettasse in testa alla classifica e non annaspasse dietro gli imbattuti cugini rossoneri? Certo che no e pur al netto delle simpatie politiche del cantautore, note al grosso pubblico quanto se non più di quelle calcistiche.
Vecchioni ospite a Un giorno da Pecora
Al contrario, il combinato disposto tra l’una e l’altra ha consentito a Vecchioni di salvare il Conte premier e di assestare colpi proibiti al Conte trainer. E soprattutto alla propria squadra del cuore, bollata come «una vagonata di incapaci, incompetenti e mangia gol». Difficile dargli torto, alla luce delle deludenti performance della Beneamata: quattro soli punti in tre gare casalinghe. Uno score da retrocessione a fronte di una campagna acquisti più che dignitosa. «È vero – incalza il cantante -, abbiamo comprato i calciatori.
Il cantautore è un nerazzurro sfegatato
«Ma – avverte – ci sono stati poeti come Pasolini e autori come Calvino che hanno scritto delle canzoni insieme a grandi musicisti. E sono tutte orrende, una più brutta dell’altra. Quindi non è che basta mettere insieme il meglio per avere un risultato perfetto». E, allora, di chi la colpa se lo spartito è buono e i musicisti sanno il fatto loro? Del direttore d’orchestra, ovviamente. Cioè del Conte trainer. «Sicuramente», è il suggello apposto dall’autore di Luci a San Siro. «Lo sostituirebbe», gli chiedono. «No – risponde -, ormai è lì. Ci resti». È quello che in fondo spera anche il Conte premier. Pure lui mangerà il panettone, ma l’esonero è più vicino di quanto l’emergenza Covid (e Vecchioni) lo autorizzino a sperare.