Dpcm, con due soli articoli si cancellano le libertà per nascondere mesi di fallimenti

4 Dic 2020 8:23 - di Stefano Cherti

Dal prof. Stefano Cherti, docente di Diritto Civile all’Università di Cassino, riceviamo e volentieri pubblichiamo

Come era facilmente immaginabile il nuovo Dpcm varato nella notte tra il 2 ed il 3 dicembre assesta un altro durissimo colpo alle libertà e ai diritti costituzionalmente garantiti. Con un provvedimento di soli 2 articoli si cancella uno stato di diritto che sembrava non poter essere messo in discussione, e si varano misure che non hanno alcun precedente nella storia repubblicana. Neanche fossimo ripiombati negli anni più bui del terrorismo, neanche ci fosse una terza guerra mondiale in atto. C’è solo l’incapacità, ormai manifesta, di saper far funzionare la scuola, i trasporti, la sanità, la giustizia.

Quello che sconcerta è il fatto che questa ennesima (e gravissima) compressione delle libertà fondamentali dei cittadini viene chiesta/imposta dopo nove mesi di provvedimenti fallimentari (bonus vacanze, bonus monopattini, ecc.) e di gestione della crisi che ha portato alla paralisi completa di settori nevralgici della società.

Si potrebbe astrattamente discettare sulla legittimità, di fronte ad un’emergenza nuova ed imprevedibile, di misure eccezionali; ma dopo tutti questi mesi di mal governo, non è più lecito né pensabile poter imporre una stretta così forte alle libertà degli italiani. Non siamo più al 9 marzo: i risultati disastrosi da un lato squalificano l’attuale compagine di governo, dall’altro fanno apparire illegittime e del tutto irragionevoli le misure contenute nel nuovo Dpcm. Quando si maschera l’incapacità per emergenza e si arrivano a vietare, con una sorta di “daspo sanitario”, gli spostamenti financo tra comuni (in Italia se ne contano quasi 8.000) vuol dire che si è persa la misura. Per dettare regole ci vuole capacità ed equilibrio. Queste norme incidono pesantemente sulla vita e le relazioni di milioni di cittadini. Così non va.

Vi è poi un aspetto che, oltre le misure concretamente prese, preoccupa più di altri. L’escalation antidemocratica cui abbiamo assistito negli ultimi nove mesi ci ha portati a scivolare su un piano inclinato dove, Dpcm dopo Dpcm, si sono compressi diritti e libertà senza che Parlamento o altri Organi Costituzionali siano riusciti a esprimersi. Invertire la rotta è oggi prioritario, altrimenti il rischio concreto non è la “terza ondata” della pandemia, ma un baratro antidemocratico da cui sarà difficile riprendersi.

 

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Avv. Prof. Stefano Cherti

Professore di Diritto Civile nell’Università di Cassino

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