Il cinema è morto, viva il cinema. Un libro spiega come si è evoluta la settima arte
Il cinema del Novecento non c’è più, con tutto quello che questa parola ha evocato per tutto il secolo breve. Ma non nel senso passatista e nostalgico che non ci sono più bei film come nel passato, quanto nella consapevolezza di una presa d’atto che la grande pandemia in corso ha costretto tutti a far propria: la stessa parola “film” non ha più il significato che ha avuto per tutto il Novecento.
Le nuove dinamiche produttive
Gran parte della popolazione mondiale è stata costretta a restare a casa, quindi a rinunciare alla fruizione dello spettacolo e dell’immagine nei luoghi fisici e simbolici tradizionali, tra cui le sale cinematografiche del nostro immaginario, quelle per intenderci di Nuovo Cinema Paradiso… Dall’inizio del millennio sono del resto in auge nuove dinamiche produttive e autoriali inedite nel secolo scorso e il vecchio cinema è in crisi a causa di smartphone e web, in cui esplodono le logiche del videogame e dell’animazione, della realtà virtuale e dell’Instagram stories…
I film sulle piattaforme digitali
Insomma, la forzata situazione di “quarantena” di questo 2020 ha prodotto uno shock addizionale, accentuando il consumo di film su piattaforme digitali, cambiando definitivamente anche il modo di interagire del pubblico, soprattutto dei giovani, forzati a fare lezione online e ad alimentare i contatti sociali solo attraverso i social. Il Covid-19 ha in altre parole trasformato forse per sempre il rapporto tra spettatore e testo, tra pubblico e immagine in movimento.
“Le storie del cinema”: il libro di Uva e Zagarrio
Cosa è diventato e cosa è ormai il cinema in questo nuovo scenario? Una risposta articolata e complessa, documentata e fondata teoricamente a questo interrogativo la fornisce il libro Le storie del cinema. Dalle origini al digitale (Carocci, euro 44,00) di Christian Uva e Vito Zagarrio, due autorevoli professori ordinari di Storia e Tecnica del cinema all’Università di Roma Tre. Un volume di oltre cinquecento pagine che – data la mole dei contributi e gli approfondimenti – è destinato a sostituire (comunque a integrare) le ormai classiche storie del cinema di Sadoul, Rondolino e Di Giammatteo.
Com’è cambiata la settima arte
È vero, sembrano suggerire i due autori, il cinema è l’unica forma d’arte con una data di nascita ufficiale, il 28 dicembre 1895, quando i due fratelli Lumière trasmisero nel Salon indien del Grand Café, sul Boulevard des Capucines a Parigi, il primo spettacolo pubblico a pagamento basato sulle proiezioni di fotografie in movimento realizzate con una macchina messa a punto a tal scopo dai due inventori e imprenditori francesi. Da allora, un percorso raccontato nel libro in tutte le sue tappe sino alla svolta della fine degli anni Ottanta, quando la “settima arte” è stata costretta a ripensarsi di fronte a due fenomeni: la convergenza di differenti tecnologie su una comune piattaforma digitale e la nascita di nuovi canali di comunicazione a distanza in forma di reti.
Il cinema è già un’altra realtà
I video su Youtube, Instagram, la facilità di riprendere scene in video, l’interrelazione tra nuova tv e cinema, le piattaforme digitali, le serie televisive… Tanti, molteplici fenomeni, hanno rivoluzionato l’idea e la percezione dell’arte stessa cinematografica. “Negli anni Settanta – concludono Uva e Zagarrio – si profetizzava la ‘morte del cinema’ e si profetizzava una ‘fine della storia’. Il cinema, però, come l’araba fenice, è risorto sempre dalle sue ceneri, così come non è finita la Storia…”. Il cinema, insomma, non è più quello segnato da Hollywood e da Cinecittà… ma è già un’altra realtà.