Il Covid era a Milano già a novembre 2019, prima del paziente 1: la prova regina dal tampone di un bimbo

9 Dic 2020 16:42 - di Filomena Auer
Covid a Milano a novembre 2019

Il Covid circolava ben prima del lockdown di marzo. La prova regina arriva da un tampone eseguito su un bambino. Un test raccolto in quei giorni, circa 3 mesi prima del caso stigmatizzato come quello del paziente 1, Mattia. Un’ipotesi che costringe esperti e dati a riformulare teorie e conclusioni, alla luce del fatto che: il Covid-19 era a Milano già a novembre 2019. L’ennesima conferma a quello che ormai è molto più di un sospetto, arriva da uno studio dell’Università Statale di Milano. Un lavoro pubblicato sulla rivista Emerging Infectious Diseases. Il Laboratorio subnazionale accreditato Oms per la sorveglianza di morbillo e rosolia (nel Crc EpiSoMI, Epidemiologia e sorveglianza molecolare delle infezioni) dell’ateneo, firma il lavoro. E Gian Vincenzo Zuccotti, presidente del Comitato di direzione della Facoltà di medicina e chirurgia, ne ha comunicato oggi i risultati.

Il Covid circolava a Milano già a novembre 2019

Lo studio, coordinato da Elisabetta Tanzi, dimostra la presenza di Rna di Sars-CoV-2 in un tampone oro-faringeo raccolto da un bambino di Milano all’inizio di dicembre 2019. Si tratta, dicono gli esperti, di un risultato che rivoluziona le conoscenze sulla diffusione spazio-temporale del nuovo coronavirus. «L’idea – dice la ricercatrice Silvia Bianchi – è stata quella di indagare retrospettivamente tutti i casi di malattia esantematica identificati a Milano. Grazie al lavoro della rete di sorveglianza di morbillo e rosolia. Nel periodo settembre 2019-febbraio 2020. Casi risultati negativi alle indagini di laboratorio per la conferma di morbillo».

Tre mesi prima del caso di Mattia, definito il “paziente 1”

L’infezione da Sars-CoV-2 può infatti dar luogo alla sindrome Kawasaki-like e a manifestazioni cutanee, spesso comuni ad altre infezioni virali, come appunto il morbillo. Le iniziali descrizioni di tali sintomatologie, associate a Covid-19, sono arrivate proprio dai dermatologi della Lombardia: prima area duramente colpita dalla pandemia. Del resto, che il virus circolasse da tempo indisturbato, ragionano gli autori dello studio, era ipotizzabile dall’impatto brusco e repentino con cui si è manifestata la pandemia. E dalle successive evidenze scientifiche, prima fra tutte quella relativa al ritrovamento del virus nelle acque reflue di Milano a metà dicembre 2019. La lunga e non riconosciuta diffusione di Sars-CoV-2 nel Nord Italia – osservano non a caso i ricercatori – potrebbe spiegare, almeno in parte, l’impatto devastante e il rapido decorso della prima ondata di Covid-19.

Le tappe della scoperta indicata nello studio milanese

E allora: «Quattro anni, sintomi come la tosse già dal 21 novembre, nessun precedente di viaggio segnalato. Sono le caratteristiche di quello che si configurerebbe come il nuovo paziente 1 d’Italia, secondo lo studio dell’università Statale di Milano. Gli autori dello studio descrivono il caso nel dettaglio. Il piccolo, nel cui campione raccolto tramite tampone è stato ritrovato l’Rna del coronavirus Sars-Cov-2, «vive nei dintorni di Milano. Il 21 novembre mostra tosse e rinite. Circa una settimana dopo, 30 novembre, viene portato al pronto soccorso con sintomi respiratori e vomito. L’1 dicembre sviluppa un’eruzione cutanea simile al morbillo. Il 5 dicembre (14 giorni dopo la comparsa dei sintomi), viene sottoposto a tampone orofaringeo per la diagnosi clinica di sospetto morbillo»: negativo.

I dettagli sul caso del piccolo milanese e dello studio che l’ha analizzato

Peraltro, aggiungono i realizzatori dello studio milanese, «il decorso clinico del piccolo paziente, che includeva manifestazioni cutanee tardive, assomiglia a quanto riportato da altri autori. Le lesioni maculopapulari sono state tra le manifestazioni cutanee più prevalenti osservate durante la pandemia Covid-19. E diversi studi hanno notato un esordio successivo nei pazienti più giovani». Non solo. «L’analisi sul campione del bimbo – sottolineano gli studiosi dell’ateneo meneghino – ha mostrato il 100% di identicità alla sequenza di riferimento Wuhan-Hu-1. Nonché a sequenze di altri ceppi di Sars-CoV-2 circolanti in tutto il mondo in una fase successiva».

 

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