Il romanzo di Enrico Ruggeri: gli anni di piombo raccontati senza manicheismi
Enrico Ruggeri è forse uno dei pochi che sia riuscito a mettere a frutto il periodo del lockdown nel migliore dei modi. Si è messo a scrivere un romanzo – lui che sinora si era cimentato, e con successo, nei racconti e nell’autobiografia, oltre naturalmente alla vastissima produzione cantautorale dei suoi testi – e ne è uscito fuori un bellissimo libro: Un gioco da ragazzi (La Nave di Teseo, pp. 446, euro 20,00). Un testo in cui l’autore è riuscito probabilmente a tirar fuori e metabolizzare tutto quello che covava dentro di sé e il suo immaginario nel senso del vissuto storico e generazionale.
Lo scenario è Milano
Ruggeri è nato nel 1957, un boomers di quelli che hanno vissuto in pieno il benessere dei Sessanta, gli anni della modernizzazione del paese, e poi quelli della contestazione, degli anni di piombo e del riflusso… Un arco temporale che coincide con lo sfondo del suo romanzo. Lo scenario è del resto la sua Milano, una metropoli in cui ci sono all’inizio ancora le macerie dei bombardamenti americani e della guerra civile ma anche la voglia di ripartire, di costruirsi una famiglia e vita normale e l’idea che il futuro che verrà sarà comunque migliore di quello che avevamo alle spalle.
La storia della famiglia Scarrone
In questo quadro si dipana la storia della famiglia Scarrone. Carlo, un giovane assistente universitario che incontra Anna, una studentessa di lettere. Lui con una famiglia normale e fuori dai giochi, lei figlia di un fascista e con una zia che ha sofferto per l’epurazione. Ma il futuro, pensano entrambi, sarà buono, tutto potrà andare solo meglio… La loro sarà una famiglia medio-borghese, un appartamento di proprietà a Milano e una casa sul lago di Como. Poi arrivano la tv, la 110, poi due figli maschi, Mario e Vincenzo, uno del ’55, il secondo del ’56, e dopo quattro anni, nel ’60, anche una bambina, Aurora.
Dopo Piazza Fontana cambia tutto
È da qui, da questa atmosfera di serenità anni ’60, che comincia Un gioco da ragazzi. I personaggi, come annota Ruggeri, sono volti che hanno “riso, sofferto, festeggiato, sofferto di nuovo, persone che si erano barcamenate come tutti fra momenti felici e sorte avversa”. Sì, perché le avversità a un certo momento si affacciano e prepotentemente. Nel dicembre 1969 c’è la bomba di piazza Fontana e niente sarà più come prima. E mentre Mario è entrato al Liceo e Vincenzo è ancora in terza media… qualcosa rompe l’incanto, nella famiglia Scarrone e in tutta Italia.
I fratelli Mario e Vincenzo
Il caso ci mette lo zampino come alcune strane dinamiche preadolescenziali: “Il fatto che il padre, seppur in maniera moderata, fosse tifoso dell’Inter aveva spinto Mario fin da bambino verso la sponda opposta, quella rossonera. In generale cercava da sempre il contrasto, come se quello schierarsi dall’altra parte fosse per lui la certificazione della sua autonomia. Vincenzo era diverso, gli piacevano i più deboli, gli sconfitti, e probabilmente vedeva nel declino della sua famiglia (che mille volte gli era stato raccontato) un segnale: lui era l’altro, il fratello minore, quello meno spavaldo, più chiuso, era Ettore, non certo Achille…”.
Un gioco da ragazzi
Quando insomma il boom economico stava lasciando il posto al suono sordo dei proiettili e delle bombe, Mario e Vincenzo si ritrovano paradossalmente su fronti opposti, costretti a non parlarsi per anni, e poi a fuggire dalle loro vite troppo in bilico. Lontani, molti anni dopo, ripartiranno dal fondo per riscoprire solo molti anni dopo, nel modo più estremo e inaspettato, quanto era forte il legame familiare che li univa.
Gli anni di piombo
Ruggeri ha il merito di aver scritto degli anni di piombo evitando i facili manicheismi e cercando di guardare tutto dall’alto. Non c’è un senso giusto della storia e forse non ci sono neppure buoni e cattivi. La sola cosa che puoi fare è capire chi aveva messo in moto quel “gioco da ragazzi” che è costato lutti, tragedia, vittime e troppo ragazzi morti giovanissimi… Non criminalizza né Mario – che dal Movimento studentesco finirà ingenuamente via via per costeggiare ambienti della lotta armata – né Vincenzo – che dalla militanza col Fronte della Gioventù scivolerà suo malgrado verso gli ambienti dello spontaneismo armato.
Sotto accusa i cattivi maestri
Ruggeri mette sotto accusa, semmai, i cattivi maestri, i seminatori di intolleranza nelle scuole e nelle università, e i mestatori che da ambienti oscuri hanno manovrato e strumentalizzato, loro malgrado, gli amici di Vincenzo. C’è l’esempio, significativo, di uno dei leader degli anni Settanta che negli Ottanta diventa un politico rampante negli anni dell’edonismo e quando Mario – latitante – cerca di contattarlo quello fa finta di non ricordarsi di lui… Oppure quello di alcuni latitanti vicini ai brigatisti che, all’estero, si mettono a trafficare solo per denaro…
Dalla strage di Primavalle ad Acca Larenzia
Nel romanzo si ripercorrono efficacemente tutti gli eventi degli anni di piombo e dell’“uccidere un fascista non è reato”, dalla strage di Primavalle all’omicidio di Sergio Ramelli, da Acca Larenzia sino al caso Moro… Una storia, insomma, da memoria condivisa reale, senza i distinguo e moralismi a senso unico di cui abbiamo visto qualcosa in anni recenti.
La via d’uscita alla follia degli anni di piombo sta per l’autore nella via di Aurora, il cuscinetto tra i due fratelli, che riannoda e ricuce e quando tocca a lei costruirsi la vita segue – come Ruggeri – il sentiero della musica. La sorella, nata nel 1960, riesce a capire il buono di entrambi i fratelli e a tenerne insieme la memoria. Come quando i due, uno latitante a Londra e l’altro in Francia, si commuovono entrambi per gli azzurri “campioni del mondo”.