100 anni dalla nascita del Pci, Occhetto ricorda la sinistra (che oggi è finita nelle mani di Zingaretti)

16 Gen 2021 17:37 - di Eugenio Battisti

Cento anni fa nasceva il Partito comunista italiano. Un secolo. Di storia, di contraddizioni, di treni persi, di potere consolidato, di utopie venute giù. Di svolte epocali.

A 100 anni dalla fondazione del Pci, parla Occhetto

Fino giù giù per diaspore, nuove creature, maquillage,  all’attuale sinistra. Quella del partito di Nicola Zingaretti. Imparagonabile al passato. Il Pd in difficoltè, umiliato dallo strappo dell’ex segretario Matteo Renzi, alla ricerca non tanto di una nuova identità ma di sbarcare il lunario. Tenendo in piedi aggrappato all’ultimo dei parlamentari il governo Conte.

Il segretario della svolta ricorda i primi anni con Togliatti

A ricordare il Pci, la sinistra ‘vera’, è Achille Occhetto. L’ultimo segretario del partito di Togliatti. Akel ricorda il contributo alla liberazione dal nazifascismo e la Costituzione “più bella d’Europa”. Ma anche  la rottura “(colpevole”) con il Psi dopo i fatti d’Ungheria, nel ’56. Che – dice in un’intervista all’Adnkronos – “impedì di avere un partito unico della sinistra”. Ricorda la rinascita del Paese, i partigiani comunisti che entrano nella sua Torino, ma anche lo scontro con Nenni. Luci e ombre del partito comunista di cui ricorrono i cento anni dalla fondazione.

Ci sono due partiti, prima e dopo il ’45

“Il partito nato al teatro San Marco di Livorno nel ’21 nasceva con la parola d’ordine ‘fare come la Russia’. Dopo il ’45 noi siamo rinati con l’idea di non fare come la Russia. Ma di scegliere la via italiana al socialismo”, spiega Occhetto.

 “Per questo oggi noi non celebriamo lo stesso partito nato a Livorno, il quel gennaio del ’21. Perché ci sono almeno due partiti comunisti profondamente diversi tra loro. Un prima e un dopo, in cui, nel mezzo, c’è la tragedia della dittatura e della guerra”.

L’incontro con il Migliore. “Ero emozionato”

Occhetto guarda alla Resistenza, passando per Togliatti, Longo e poi Berlinguer, il segretario dello strappo finale con Mosca. Per l’ultimo segretario del Pci nel partito nuovo di Togliatti “al quale mi sono iscritto, rimaneva ben poco dei capisaldi del leninismo”.

Guarda a Togliatti come a un antenato prezioso che ha dato grandi lezioni. “Dovevamo essere in grado di individuare l’orizzonte internazionale in cui collocare l’azione politica. Essere capaci di ‘entrare in tutte le pieghe della società”. Occhetto racconta il suo incontro con il Migliore, per portargli un suo articolo, pubblicato sul giornale della Federazione giovanile. In cui attaccava il congresso del Pcus, che faceva un passo indietro dopo la destalinizzazione di Kruscev.

“Ero intimorito, entravo nella stanza di un mito. Dove pochi potevano accedere, lui mi disse che avrebbe letto il mio articolo. Dopo due giorni mi richiamò, mi disse che era interessante, poi mi invito a diffonderlo“.

Berlinguer ufficializza il distacco da Mosca

Poi la fine delle ideologie. “Che non vuol dire fine della concezione del mondo. La fine delle tensione verso l’utopia del possibile”. Berlinguer ha avuto il merito di sistematizzare in modo organico il distacco critico da Mosca. Arrivando a sostenere che la rivoluzione di ottobre aveva perso la sua ‘spinta propulsiva. Fino ad apprezzare l’ombrello della Nato.  “Ma fino alla ‘svolta’, rimanemmo comunisti critici, ma parte di quel campo, solo con l’89 usciamo definitivamente”, dice Occhetto, parlando di quella svolta – la sua – della Bolognina, dopo la caduta del Muro di Berlino dell”89, che concluse la storia del Pci.

Grazie al Pci l’Italia ha la Costituzione migliore d’Europa

Per Occhetto può essere tempo di un bilancio: “Il nostro maggiore successo fu di essere l’asse portante della Resistenza. Dalla quale poi nacque la migliore Costituzione d’Europa. Il rammarico più grande fu la rottura, fu per la posizione dei fatti di Ungheria, nel ’56. Noi rompemmo con i socialisti. Se avessimo preso posizione autonoma dall’Urss, come fece Nenni, allora, si poteva dar vita a un unico partito della sinistra”.

Infine Occhetto mette a fuoco la foto da cui partire, per raccontare la storia del partito. “Sono le immagini dei partigiani che entrano a Torino per la sua liberazione. Con alla testa ‘Barbato’, Napoleone Colajanni, un siciliano che comandava le Brigate Garibaldi“. 

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