Arrestata la coppia della “citofonata” di Salvini: in casa avevano droga, armi e soldi falsi
La cosa più garbata che gli dissero era “cialtrone”. Seguirono un’interrogazione parlamentare, un’indagine e ne scaturì perfino un caso diplomatico: l’ambasciatore della Tunisia in Italia scrisse alla Casellati lamentando “l’illegittima diffamazione di una famiglia tunisina”. Ora, a un anno di distanza dalla famosa “citofonata” di Matteo Salvini alla casa al Pilastro di Bologna in cui viveva un presunto spacciatore, la cronaca dimostra che il gesto plateale del segretario della Lega non era poi così gratuito. Madre e padre del ragazzo della citofonata sono stati arrestati per una serie di reati allarmanti, fra i quali anche lo spaccio.
Incastrati da un’altra “citofonata”
All’uomo, un 59enne tunisino portato in camera di sicurezza, e alla donna, una 58enne svizzera posta ai domiciliari, gli investigatori contestano infatti i reati di spaccio e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti; spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate; detenzione abusiva di armi. I carabinieri li hanno arrestati nell’ambito di un’operazione antidroga, dopo aver notato i movimenti sospetti di un automobilista. Il guidatore, dopo aver parcheggiato, è sceso, è andato a citofonare al portone di un palazzo ed è entrato, uscendo una decina di minuti dopo.
Non solo spaccio: nella casa anche armi e soldi falsi
I carabinieri quindi lo hanno fermato per un controllo e l’uomo ha ammesso di essere un cocainomane, consegnando le due dosi di droga appena comprate. A quel punto è scattato il blitz dei militari, che hanno individuato l’appartamento della coppia poi arrestata e hanno svolto una perquisizione. I carabinieri hanno trovato: 13 grammi di cocaina, 170 grammi di marijuana, 384 grammi di hashish, un bilancino di precisione, del materiale utilizzato per il confezionamento della droga, un caricatore di una pistola semiautomatica calibro 380 Acp, contenente 6 proiettili, 4 proiettili calibro 22 Lr, 4 proiettili calibro 9 mm, uno Taser, 50 proiettili a salve, 925 euro veri e 340 euro contraffatti. All’epoca della citofonata di Salvini gli arrestati assicurarono in ogni sede di essere “brave persone”, giusto con “qualche precedente”.
Quando Salvini finì sul patibolo per la “citofonata”
All’epoca della citofonata, che fece su segnalazione di una donna del quartiere che aveva perso il figlio per overdose, Salvini fu subissato di insulti da parte della sinistra e del M5S. Gli dissero che “accusava persone senza prove” e che il suo era stato un “atto di squadrismo” (Nicola Morra, M5S), una “baracconata” (Manlio Di Stefano, M5S). Dissero che non solo il suo gesto, ma lui stesso era “un pericolo per la democrazia” (Enrico Rossi, Pd). Il vicepresidente del Parlamento tunisino, Osama Sghaier parlò di “un atteggiamento razzista e vergognoso, che mina i rapporti tra Italia e Tunisia“. Un caso diplomatico sostenuto anche dall’ambasciatore in Italia, Moez Sinaoui, che scrisse una lettera alla presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati. “La lotta agli spacciatori dovrebbe unire e non dividere. Tolleranza zero contro droga e spacciatori di morte” fu la replica di Salvini, al quale oggi la cronaca consegna una rivincita.