Conte va al Colle ma non si dimette: andrà a raccattare voti in Parlamento con l’aiuto di Mastella
Il premier Conte chiarirà di fronte al Parlamento (già lunedì o martedì) i termini politici della crisi aperta dalle dimissioni della delegazione governativa di Italia Viva, di cui è leader Matteo Renzi. Il presidente del Consiglio è salito nel pomeriggio da Mattarella per formalizzare l’assunzione ad interim delle deleghe lasciate libere dalle ministre Teresa Bellanova (Agricoltura), Elena Bonetti (Pari opportunità) e dal sottosegretario Ivan Scalfarotto. A darne notizia, come da prassi, un comunicato dell’ufficio stampa del Quirinale. Con le dimissioni della delegazione renziana e l’assunzione dell’interim da parte di Conte si consuma il primo step della crisi, quello protocollare.
Lunedì e martedì premier alle Camere
Sul piano politico a regnare è ancora la confusione, in attesa del doppio voto della settima prossima. Il premier Giuseppe Conte sarà lunedì alla Camera per incassare la fiducia sulle risoluzioni di maggioranza, dove però ha i numeri, mentre la prova del nove sarà martedì in Senato per le comunicazioni, su cui verrà posta la questione di fiducia, alle 9.30. Lo ha stabilito la capigruppo di palazzo Madama, che ha previsto nove ore per la durata della seduta, compreso il tempo necessario per le sanificazioni dell’aula. Secondo il capogruppo di Iv Davide Faraone, l’esito del voto si saprà intorno alle 20.
Il premier, oggi, non si è dimesso. Significa che il governo, benché mutilato di una sua componente politica determinante continua ad esistere. L’obiettivo ora è quello di assemblare una maggioranza. Il ritorno di Renzi sembra poco probabile. Il veto del Pd al partito del suo ex-segretario appare insormontabile. Non solo: insistenti voci di Palazzo parlano di «sgomento» tra le truppe di Iv. Ad atterrirli è la caccia al “responsabile” al loro interno. Una defezione pesante è quella del socialista Riccardo Nencini, che con il suo simbolo aveva consentito la nascita del gruppo al Senato. «Noi siamo tra i “costruttori“», ha detto evocando Mattarella. La sua scelta potrebbe mettere a rischio il gruppo.
Il Pd: stritolare Renzi sulla legge elettorale
Una prospettiva che giustifica l’allarme rosso tra i seguaci di Renzi. «A trovare i numeri per la conta – dice uno di loro -, ci hanno messo il più bravo di tutti a farlo». Ovvero, Dario Franceschini. Ma la conseguenza più temuta della ritorsione del Pd riguarda la legge elettorale. Cancellare una forza politica che veleggia intorno al 3 per cento non è un’impresa proibitiva. Ironia della sorte, il Parlamento dell‘antipolitica ha bisogno, per sopravvivere, di uno dei simboli più stagionati della Casta: Clemente Mastella. A reclutare i responsabili starebbe provvedendo personalmente. Sarebbero già «più di cinque», assicura: «Mimetizzati, ma già pronti».