Covid, sospetti e paura: l’alba della pandemia nel video “I 3 giorni che hanno fermato il mondo”
Covid, il video I 3 giorni che hanno fermato il mondo, irrompe sulla scena mondiale e suscita scalpore. Non solo perché spezza la catena che intreccia silenzi, omissioni e bugie, messa in atto dalla Cina ben prima che la pandemia di Covid dilagasse in tutto il suo potenziale di orrore, dolore e morte. Ma anche perché, nel raccontare le fasi iniziali dell’epidemia a Wuhan, rilancia inquietanti interrogativi da un anno in attesa di risposte. Il documento multimediale, a metà strada tra inchiesta e docufilm, è firmato a quattro mani da Yang Jun e Chen Wei, pseudonimi di due giornalisti cinesi, e spopola in rete. Inutile dire che il documentario non è stato pubblicato in Cina. A diffonderlo in rete ha provveduto la tv di Al Jazeera. Il resto lo ha fatto la rete, dove quelle immagini sono diventate virali in poco tempo. In basso riportiamo un estratto del lavoro postato su Youtube.
Covid, I 3 giorni che hanno fermato il mondo: l’alba della pandemia in un documentario
Un’opera che prova a fare luce su una vicenda che ha stravolto il mondo. E che, partita un anno fa da Wuhan, ha contagiato l’intera pianeta, piombato nel buio di una pandemia che ne ha stravolto i connotati. Che ha seminato dolore e panico ancora drammaticamente in corso. L’incipit dell’opera entra nel vivo della narrazione documentaristica evidenziando immediatamente il contrasto tra il prima e il dopo: quando niente sarà più lo stesso. Girato dal 19 al 22 gennaio 2020, le immagini partono dai3 giorni prima del lockdown: da quelle 72 ore in cui, a partire da Wuhan, tute le città della terra hanno cambiato aspetto e atmosfera. All’arrivo dei reporter, il clima è vivace e di attesa gioiosa fomentata dall’imminente celebrazione del Capodanno Cinese.
Le immagini dell’opera dei giornalisti cinesi subito virali in rete
La popolazione della metropoli cinese, all’epoca ancora non così tristemente famosa, non indossano la mascherina. Segno evidente che i più ignorano o sottovalutano la catastrofe che incombe. E, altrettanto, la chiara denuncia della mancata informazione su quello che sta per accadere. Inevitabilmente. La trasmissione di un virus letale da uomo a uomo non è ancora conosciuta. E nella incertezza e scarsità delle informazioni che il regime ostenta a non rivelare, non lasciano ancora presagire il peggio. I negazionisti del virus tra la popolazione civile sono ancora agli albori. tanto che, qualcuno intima ai due documentaristi di togliere la mascherina: quel simbolo che evoca paura e malattia potrebbe creare tensioni. E qualcuno potrebbe andare in ansia o, peggio ancora, seminare quel caos che, di lì a poco, sarebbe esploso.
Ansia e sospetti precedono il caos: scatta la censura delle autorità cinesi
Ma i casi aumentano e azionare la sordina diventa difficile anche per le autorità cinesi. Le notizie, fino a quel momento trapelate a fatica serpeggiano striscianti. Qualcosa comincia a cambiare e diventa sempre più chiaro che contenere l’onda d’urto della realtà che grava come una minaccia sulle teste di tutti è impresa ardua. a cambiare. La polizia ferma continuamente i due giornalisti al lavoro. Impedisce loro di riprendere immagini e scattare fotografie. Insomma, le autorità cinesi tentano l’impossibile: censurare qualcosa che ancora non si ha coscienza che esiste. Ma il virus c’è: e dilaga alla velocità della luce. Via via che l’inchiesta prosegue, immortalata in immagini e voci, il clima sereno e festoso dell’inizio cede il passo all’ansia. Alla paura. Al sospetto.
Dal diario di uno dei due autori: «Mi seguono e mi spiano costantemente»
Arriva la conferma che il virus, non solo esiste, ma si trasmette per via aerea da uomo a uomo. In strada aumentano i cittadini protetti da mascherine. I negozi chiudono. Gli ospedali vanno rapidamente al collasso. La censura scatta inesorabile. Ma la tragedia trapela da ogni poro. E come riferisce il sito di Strettoweb.com in un esaustivo servizio sul documentario, sul suo diario Yang Jun scrive: «Non posso riferire liberamente. Mi seguono e mi spiano costantemente. Mi sono reso conto della gravità del virus e di quanto sia sensibile e difficile riferire su questo argomento. Va oltre la mia immaginazione». Parole a cui fanno eco quelle del collega Chen Wei, che a sua volta ammette: «Nessuno in Cina osa parlare dell’origine del virus. L’unica cosa che si può discutere su questa pandemia è quanto bene abbia fatto il governo. E quanto il popolo cinese dovrebbe essere grato al “governo”. Il documentario non è stato pubblicato in Cina, ma è stato trasmesso dalla Tv Al Jazeera diventato virale in poco tempo.
Sotto, il documentario di due giornalisti cinesi sull’inizio della pandemia: 3 days that stopped the world da Youtube.