Fenomenologia di Renata Polverini, l’ex camicetta nera che amava le giacche rosse
Dice Giorgia Meloni che Renata Polverini non è mai stata di destra. Non è mai stata una camicetta nera insomma. E non solo per il suo vezzo di portare la giacca rossa, che la fece considerare da alcuni candidata inadatta alla Regione Lazio. Tutto quel rosso evocava i comunisti già da allora. E al Secolo si tirò fuori addirittura il “fascismo immenso e rosso” di Brasillach per difendere l’outfit della candidata del centrodestra.
La frase di Veltroni sulla Polverini
Era il 2010 ma occorre fare un passo indietro. A quando cioè l’improvvido Walter Veltroni affermò che gli sarebbe piaciuto nel suo Pd candidare la sindacalista Renata Polverini o anche il medievista Franco Cardini.
Così quando fu il momento di scegliere il nome del centrodestra per la Regione Lazio, Berlusconi optò per lei a svantaggio degli altri due papabili, Andrea Augello e Fabio Rampelli. “Silvio pensa che lei abbia più chance”, disse Gianfranco Fini agli intimi. E Renata si fece i manifesti con la giacca rossa da garibaldina.
Velardi regista della campagna elettorale
A Berlusconi non era sfuggito il fatto che Polverini fosse un volto televisivo noto grazie alle numerose ospitate concesse da Giovanni Floris a Ballarò. E più ancora stupì tutti la scelta di Claudio Velardi, già spin doctor di D’Alema, come suggeritore e regista della campagna elettorale per le regionali. Renata all’epoca diceva di portare sulle spalle l’eredità della destra sociale, della quale in realtà mai aveva fatto parte, rispolverando però quell’etichetta per dare dignità al suo ruolo di aspirante leader sindacale.
La destra sociale e il sindacato
Nell’Ugl quella cultura era stata caratteristica dell’azione di Tony Augello, uno che di mattina armato di megafono manifestava con i lavoratori sotto la sede della banche e di notte portava coperte ai senzatetto della Capitale. Polverini, ex allieva di Ivo Laghi, tentò una prima scalata ai vertici del sindacato di destra ma su di lei ebbe la meglio Stefano Cetica, con il quale siglò poi una tregua promuovendolo persino assessore al Bilancio del Lazio. Solo nel 2006 Renata divenne leader dell’Ugl, ex Cisnal, lasciando poi il timone a Giovanni Centrella fino all’epilogo di qualche anno fa. Quando la Polverini viene addirittura espulsa dall’Ugl che viene presa in mano da Paolo Capone.
I fischi della sinistra e le critiche del Pd
Diventata presidente della Regione Lazio nel 2010 e costretta a scegliere tra Berlusconi e Gianfranco Fini che dava intanto vita a Futuro e Libertà, la Polverini scelse Arcore come punto di riferimento. Il rapporto con la sinistra non fu all’epoca tutto rose e fiori come adesso. Quando arrivò il 25 aprile la presero a fischi e bottigliate: lei ne uscì indenne, invece Zingaretti (all’epoca presidente della Provincia) fu ferito a un occhio, colpito da un limone.
La festa dei maiali e delle ancelle
Andò peggio con la famosa festa del consigliere pdl Carlo De Romanis, dove gli invitati erano mascherati da maiali e le invitate da ancelle. Polverini, messa sul rogo dai giornali antiberlusconiani che all’epoca vedevano festini ovunque sulla scia della scandalo Ruby, se la cavò anche in quel caso osservando che lei era arrivata all’ultimo momento e si era limitata a una foto di gruppo. Poi finì ancora nel tritacarne mediatico perché era andata a comprarsi le scarpe con l’auto di servizio, e pure contromano. Fino alla denuncia, sempre targata Pd, di avere requisito un’ala del Sant’Andrea per un’operazione chirurgica. Polverini alla fine gettò la spugna e si dimise nel 2012, dopo che era esploso lo scandalo Fiorito, quello che si comprò il Suv coi fondi regionali.
Polverini è sempre data in viaggio: verso il Pd o verso Conte?
Da allora Polverini è sempre stata data in viaggio: prima verso i renziani, ora verso il Pd, ma forse anche verso la nuova formazione di centro che Giuseppe Conte ha in animo di formare. I cronisti parlamentari raccontano che ieri Renata non faceva che confabulare con i deputati del Pd, insieme facevano i conti per il Senato. E lei pare che i conti se li sappia fare bene a cominciare da quelli, dicono le malelingue, sulla pensione da parlamentare.