Giannini insiste e peggiora la situazione: Meloni è la “sciamana Giorgia” ed è inadatta a governare
Massimo Giannini insiste e, nell’editoriale odierno sulla Stampa, replica a Giorgia Meloni sulla questione di Trump e del trumpismo all’italiana. La polemica nasce perché la leader di FdI non ha gradito la definizione di “Sciamani d’Italia” applicata da Giannini a lei e Salvini. Una tecnica di demonizzazione inaccettabile per la Meloni.
Giannini risponde con la solita spocchia e arroganza. Addirittura tirando fuori “una foto – parole sue – che ha fatto il giro del Web, e che abbiamo pubblicato sul giornale di ieri a pagina 3. Quella della signora Clara Pastorelli, assessore allo Sport di Perugia. Una militante di Fd’I, che sui social ha postato un selfie in cui si immortala con la pelliccia di bufalo e con la scritta “Forza Usa”. Evidentemente nel suo partito lo Sciamano Jake e i suoi simpatici golpisti hanno fatto proseliti. Potrei chiuderla qui, ma voglio approfondire”.
E l’approfondimento sarebbe il tweet di Giorgia Meloni: «Seguo con grande attenzione e apprensione quanto sta accadendo negli Stati Uniti, mi auguro che le violenze cessino subito come chiesto dal presidente Trump». Un’uscita “reticente e fuorviante“. Meloni doveva scrivere un tweet copiando Giannini, magari, per farlo contento. Allora sì che sarebbe legittimata a parlare contro la violenza politica.
Poi Giannini vola di fantasia e scrive: “Poi ho letto la lettera che ha scritto al Corriere della Sera sabato scorso, e tutto mi è apparso più chiaro. Lei sa bene quello che Trump ha fatto a Washington. Ma non prova alcuna riprovazione, semmai ammirazione! Altrimenti non si limiterebbe a rilavarsi la coscienza ribadendo che lei ha «condannato quelle violenze» (ci mancherebbe che non avesse fatto neanche quello). Altrimenti non scriverebbe «da presidente dei conservatori europei, partito che ha tra i propri affiliati anche i repubblicani, mi sento vicina alla loro visione politica e non ho fatto mistero di preferire Trump rispetto alla Clinton o a Biden». Diciamolo con franchezza. Questa linea (che io non condivido, ma poco importa) poteva legittimamente sostenerla “prima” dei fatti di Capitol Hill. Ma se continua a sostenerla anche “dopo”, di fronte a un presidente uscente che continua a parlare di «voto rubato», allora mi deve spiegare in che cosa voi Fratelli d’Italia siete diversi dai “patrioti” di Trump. Se neanche l’enormità di quell’atto sedizioso le fa preferire il presidente eletto, mi dica in che cosa vi distinguete dallo Sciamano Jake”. In pratica: devi omaggiare Biden se no non sei un sincero democratico…
Tutto chiaro? Trump è il nuovo “mostro”. Basta non accodarsi a questa narrazione progressista per venire colpiti dal marchio d’infamia. Ma Giannini non si ferma qui. Arrivando ad accusare come al solito la Meloni di contiguità con il fascismo. Figuriamoci se non faceva ricorso al solito, eterno, vetusto ritornello. Ecco il passaggio dell’editoriale di Giannini: “Nella sua lettera al Corriere – dice riferendosi alla Meloni – c’è un altro passaggio che mi ha colpito. Per difendere l’indifendibile Trump dall’accusa di «non accettare il risultato elettorale» lei sostiene che anche la sinistra, come Trump, non rispetta la volontà popolare perché «da dieci anni governa in Italia pur non avendo mai vinto le elezioni»”. Questo accade, chiosa Giannini indispettito, perché la nostra Costituzione “prevede che un governo stia in piedi finché c’è in Parlamento una maggioranza che lo sostiene. Dal 1948, queste sono le regole. Punto e basta. Dunque, onorevole Meloni, non le piacciono queste regole? Vuole rimettere in discussione la democrazia parlamentare?”. Per chiedere conto, alla fine, “di varie altre cose italiane per le quali a mio modesto parere non si indigna mai abbastanza (le intolleranze xenofobe che attraversano la Penisola, le intemperanze violente di certe frange neo-fasciste, le insofferenze malcelate verso alcune ricorrenze storiche del nostro Novecento)”.
Per Giannini, alla fine Giorgia Meloni è ancora la leader di una destra “anomala”, una destra “inadatta a governare un Paese”. Quindi per lui la meloni è “la sciamana Giorgia”. La legittimazione del voto popolare per Giannini non conta nulla. Mica lo decidono gli elettori il governo, bensì la legittimazione dovrebbe arrivare dalla cupola progressista di cui Giannini si sente parte. E’ quella cupola che decide chi è adatto e chi no. Che decide persino chi può parlare sui social e chi no. Quindi il gettare fango e discredito sull’avversario, paragonandolo allo sciamano Jake Angeli, nella testa di Giannini e dei suoi quattro lettori, è non solo lecito, ma persino doveroso.