Gli anestesisti: «Le vaccinazioni avranno effetto sulle terapie intensive non prima di giugno»
Gli anestesisti lanciano l’allarme: per uno o due mesi le terapie intensive saranno ancora piene. «L’occupazione delle terapie intensive non è mai scesa sotto la soglia di rischio. E quello che sta accadendo in questi giorni l’avevamo previsto. Al momento non c’è infatti da aspettarsi una diminuzione dei ricoveri in area media e, appunto, in rianimazione come accadde a marzo. Questo perché le misure messe in campo sono più morbide rispetto alla prima ondata. Ora è chiaro che le vaccinazioni anti-Covid potranno avere “un effetto” sulle terapie intensive solo tra 5-6 mesi, non prima di giugno. Quindi non illudiamoci». Lo afferma all’Adnkronos Salute Alessandro Vergallo, presidente del sindacato dei medici anestesisti e rianimatori Aaroi-Emac, facendo il punto sulla situazione delle rianimazione degli ospedali italiani.
Gli anestesisti: «Due regioni sono in sofferenza»
«Condividiamo la scelta del governo rispetto alle zone di rischio “arancione” per alcune Regioni – aggiunge Vergallo – Da quello che ci risulta sono due le regioni in sofferenza per quanto riguarda l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva: la Sicilia e il Veneto. Questo è dovuto ad un aumento dei casi in entrambe le Regioni ma anche, come accaduto in Veneto, al fatto di aver pompato nei mesi passati il numero dei posti letto in rianimazione. Non è inseguendo questa moltiplicazione all’infinito che si risolve il problema».
«Chi entra in rianimazione è grave»
E poi ancora. «Almeno per 1-2 mesi le terapie intensive saranno ancora piene. Questo è quello che possiamo prevedere vedendo l’andamento epidemiologico e quello che ci riferiscono i vari ospedali. Solo tra due mesi, forse, potremmo vedere qualche posto letto in più libero nelle rianimazioni». Per quanto riguarda l’alto numero di decessi che ancora si registra in Italia ogni giorno, il presidente dell’Aaroi-Emac chiarisce «che la percentuale dei decessi in terapia intensiva, rispetto alle persone ricoverate in rianimazione, è variabile ma si attesta intorno al 40% di media. Questo – avverte – perché chi entra in rianimazione è in condizioni gravi. Ma se guardiamo la percentuale di decessi in terapia intensiva rispetto al totale nazionale abbiamo un dato inferiore al 20%».