La bomba Palamara sul partito delle Procure: i passi più significativi del libro intervista
Le pagine del libro “Il sistema. Potere, politica, affari: storia segreta della magistratura italiana“, nel quale Luca Palamara risponde a Alessandro Sallusti (Rizzoli, pp. 285, euro 19,00) sono un duro attacco a quell’intreccio tra magistratura, politica e stampa che da quasi trent’anni condiziona la vita pubblica italiana.
Palamara: un libro perché non voglio portarmi segreti nella tomba
Palamara, radiato dall’ordine giudiziario a seguito di un’indagine sul suo ruolo di mediatore all’interno del sistema delle correnti della magistratura, va giù duro: “Non voglio portarmi segreti nella tomba“. L’uscita del libro ha scatenato polemiche e minacce di querele. “Non è un libro contro qualcuno – dice ora Palamara – ma è un libro per i magistrati che hanno caratterizzato la mia vicenda e che mi hanno chiesto di raccontare realmente quello che è accaduto per tutti.
“E lo è anche per i cittadini italiani che devono avere fiducia nella giustizia e devono sapere che queste vicende riguardano un aspetto che è quello della gestione del potere, ma non l’attività dei singoli giudici nei tribunali”.
Palamara: ho voluto raccontare la mia esperienza nel libro
“Io oggi mi identifico nel cittadino che si deve confrontare con le lungaggini dei processi, con le sentenze che non arrivano mai, con un delitto negato con ingiusta detenzione, che sono temi sui quali penso oggi bisogna sedersi ad un tavolo tutti e fare una riflessione adeguata – ha spiegato Palamara – Io ho voluto raccontare la mia esperienza, ed è ovvio che in quella attività si commettono errori e me ne assumo la mia quota di responsabilità, ma il mio è un messaggio di speranza su un tema fondamentale per il paese che è quello della giustizia.
“Penso di vivere in uno stato democratico dove la possibilità di esprimere idee ed opinioni possa essere riconosciuta a tutti, so che c’è qualcuno che non si riconosce in questo libro, ma fa parte della democrazia, ma io sarò sempre disponibile ad avere pubblici confronti al di là di annunciate querele”.
Un potere alternativo a Parlamento e governo
Nel libro Palamara fa esempi molto chiari sul funzionamento del cosiddetto “partito delle procure”. “Un procuratore della repubblica in gamba – confessa a Sallusti – se ha nel suo ufficio un paio di aggiunti e di sostituti svegli, un ufficiale di polizia giudiziaria che fa le indagini sul campo altrettanto bravo e ammanicato coi servizi segreti, e se questi signori hanno rapporti stretti con un paio di giornalisti di testate importanti, e soprattutto con il giudice che deve decidere i processi, frequentandone magari l’abitazione… Ecco, se si crea una situazione del genere, quel gruppo e quella procura, mi creda, hanno più potere del Parlamento, del premier e del governo intero. Soprattutto perché fanno parte di un Sistema che lì li ha messi e che per questo li lascia fare, oltre ovviamente a difenderli”.
L’intreccio tra Procure e giornalisti
Palamara rivela che tra i magistrati ha sempre girato una battuta: “La vera separazione delle carriere non dovrebbe essere quella tra giudici e pm ma tra magistrati e giornalisti”. Una battuta che lui spiega in dettaglio: “Magistrati e giornalisti, lo dico anche per esperienza personale, si usano a vicenda, all’interno di rapporti che si costruiscono e consolidano negli anni. Il giornalista vive di notizie, ogni testata ha una sua linea politica dettata dall’editore, che ha precisi interessi da difendere. Il pm li conosce bene, e sa che senza quella cassa di risonanza la sua inchiesta non decollerà, verrebbe a mancare il clamore mediatico che fa da sponda con la politica. È inevitabile che una frequentazione assidua porti a una complicità professionale, a volte anche a un’intimità personale più o meno clandestina che crea qualche imbarazzo tra i colleghi”.
Le tre armi del sistema
Ecco quali sono per Palamara le tre armi del sistema: “Il potere delle procure a volte è quello di fare un’inchiesta partendo da una velina e di tirarla per le lunghe, altre di non farla pur davanti all’evidenza dei fatti concreti. Soprattutto se la grande stampa gira la testa dall’altra parte o minimizza e i partiti di sinistra pure. Si ricordi – spiega ancora – la regola aurea del tre, le tre armi del Sistema: una procura, un giornale amico, un partito che fa da spalla politica. Funziona contro qualcuno ma anche a difesa di qualcuno…”.
Non è vero che la giustizia è uguale per tutti
Un ragionamento spiegato integralmente nell’ultima osservazione: “Io non sto discutendo se uno è o meno colpevole, mi riferisco a come, oltre un certo livello, i reati o presunti tali vengono gestiti in base a criteri che con ‘la giustizia è uguale per tutti’ hanno poco a che vedere. Ma non solo con la giustizia, lo stesso vale per l’etica”.