Palamara, l’ira sorda dell’Anm. Ma fra le toghe cresce il dissenso interno contro i vertici
È una reazione gonfia di ira sorda quella dei sindacalisti della magistratura contro l’ex-collega Luca Palamara. Che nel libro intervista realizzato assieme al direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, vuota il sacco su un sistema degenerato. Di cui lui – ma non solo lui – faceva parte.
“Questo non è il tempo dei silenzi, che possano apparire ammissioni di colpe e riconoscimento di collusioni e compromissioni con il cosiddetto sistema – tuona indignato il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia. – È il tempo della reazione indignata contro chi, per comprensibile convenienza, non si immerge nella faticosa opera di distinguere i fatti e i comportamenti dei singoli ma cuce con suggestione narrativa tanti diversi episodi per tratteggiare con le fosche tinte del complotto l’esistenza di un “sistema” in cui la Magistratura si muoverebbe come un Corpo unitario, animato da convenienze faziose e interessi, appunto, corporativi“.
“Lo sconcerto è forte – ammette il presidente Santalucia. E solo lo sconcerto spiega quel silenzio dell’Anm che taluno ha voluto in questi giorni evidenziare”.
Santalucia parla di “indignazione, di delusione e di rabbia, sentimenti che scaturiscono dalle pesanti rivelazioni di chi per anni è stato al vertice dell’associazionismo giudiziario e del governo autonomo della magistratura; e che di esse si alimentano”.
Il convitato di pietra è, naturalmente, Palamara.
Non ci si riconosce in questo quadro a tinte fosche tratteggiato da Palamara neanche Salvatore Casciaro, segretario dell’Associazione nazionale magistrati.
“La magistratura italiana non è quella raccontata nel libro del dottor Palamara – dissente Casciaro, – È fatta dei tanti servitori dello Stato che operano quotidianamente tra mille difficoltà negli uffici giudiziari con coscienza e abnegazione al servizio del Paese e dei cittadini e che non hanno nulla a che vedere con i contesti di quella narrazione”.
Parole ottime per un discorso alto e istituzionale. Ma qui, oramai, di istituzionale non è rimasto più nulla.
Non c’è dubbio che la maggioranza delle toghe sia perbene. Questo è assolutamente certo. Come è certo che vi sia, nella categoria, una imbarazzante deriva a sinistra. Che poi questa deriva possa finire per fare velo all’equidistanza delle toghe nell’esercizio delle loro funzioni giudiziarie questo è da vedere. Certo lo spettacolo indecoroso offerto in molti casi, anche recenti, non depone a favore.
Ma il problema è che una minoranza ideologizzata e assetata di potere – e di cui Palamara faceva parte, ma non era certo il solo – ha fatto il bello e il cattivo tempo in questi anni, sporcando l’immagine e la reputazione della magistratura e facendo perdere fiducia ai cittadini.
Quella minoranza ha tenuto in ostaggio la maggioranza dei colleghi perbene, ha bloccato e deciso nomine favorendo alcuni anziché altri, ha cambiato la geografia giudiziaria di un Paese determinando anche le sorti delle persone sottoposte alla Giustizia, dei partiti e della politica.
E questo è assolutamente innegabile. Un vero e proprio golpe giudiziario.
“La versione che esce da quelle pagine, possibile veicolo di distorsioni mediatiche, rischia di confondere impropriamente il piano delle condotte dei singoli e le deviazioni del correntismo con l’esercizio quotidiano della giurisdizione da parte delle migliaia di colleghi impegnati nelle aule di giustizia”, si lamenta Casciaro.
Ma la situazione è sotto gli occhi di tutti. E oramai la magistratura non può più autoassolversi. Tantomeno possono farlo l’Anm e il Csm che di quel sistema sono stati i perni.
“Alcuni episodi inquietanti potranno essere rimessi al vaglio degli organi competenti che auspicabilmente in tempi rapidi compiranno le opportune verifiche. E anche l’Anm – assicura il segretario – non mancherà di valutare, con assoluto rigore, la conformità di ogni condotta segnalata alle prescrizioni dello statuto etico dell’Associazione“.
Un bel discorso programmatico ma a questo punto i cittadini si aspettano ben altro che le promesse (tardive) di rimettere a posto le cose come se nulla fosse dopo il terremoto Palamara. Che ha portato in superficie i mali gravi ed endemici di una magistratura corrotta, ideologizzata, asservita al potere ma anche, essa stessa, potere vischioso.
“Il merito del libro è di Palamara. Io gli ho solo fatto le domande – si schernisce il direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, alla presentazione del suo libro-intervista con Luca Palamara ‘Il Sistema – Potere, politica, affari: storia segreta della magistratura italiana’, all’interno della sede del Partito Radicale.
“È nato quando è scoppiato il suo caso e gli ho proposto di incontrarci – ricostruisce Sallusti. – Avevo il sospetto di quale fosse la verità. E per portare a galla questo gigantesco tema e farlo uscire dalle segrete stanze per portarlo all’attenzione dell’opinione pubblica, è stato fatto un enorme sforzo di semplificazione. Tutti gli italiani dovevano conoscere la realtà”.
Non è stato un bel risveglio per gli italiani. Che hanno scoperto quali vischiosi grumi di indicibili interessi si celassero sotto le toghe.
Ma non è stato un bel risveglio neanche per certe anime candide dell’Anm.
Processato disciplinarmente dai suoi stessi colleghi ed espulso con riprovazione, Palamara è diventato una mina vagante.
Il problema non era più, a quel punto, se avrebbe Uriati il sacco la solo quando e come lo avrebbe fatto. E il momento ora è arrivato.
“Gli addetti ai lavori già le sapevano queste cose – dice Sallusti – ma il popolo no. E con il libro dovevamo trovare il sistema per farlo. Consci che sarebbe stato difficile perché molti mezzi di informazione che sarebbero serviti sono parte del sistema stesso. Ma il fatto che il libro stia vendendo migliaia di copie, significa che agli italiani interessa sapere…”.
Non solo solo i cittadini comuni a voler sapere ma anche gli stessi magistrati. Quelli perbene, quelli la cui carriera è stata stroncata perché non facevano parte del sistema, quelli che si sono visti passare avanti altri colleghi. Non più bravi ma, semplicemente, più “relazionati”. E con i Santi in Paradiso.
“Siamo arrivati a 50 firme, i colleghi continuano ad aderire. C’è un fermento che, in un altro momento, sarebbe stato impensabile. I colleghi vogliono sapere, vogliono avviare questa operazione di verità e giustizia. Il libro apre spiragli troppo importanti per non essere considerati o andare in secondo piano, dobbiamo essere certi che chi svolge un ruolo istituzionale nella magistratura sia del tutto estraneo a queste logiche”. Andrea Reale, gip a Ragusa e componente per Articolo Centouno del comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati, spiega così all’Adnkronos l’iniziativa, promossa con un gruppo di colleghi, per chiedere al procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, e al togato del Csm, Giuseppe Cascini, di smentire quanto riportato nel libro intervista a Luca Palamara ‘Il Sistema’, o in alternativa di dimettersi dai propri incarichi.
“Una semplice smentita non basta”, avverte Reale, riferendosi a quanto annunciato da Cascini, di avere già smentito i fatti e di avere dato mandato al suo legale di agire in giudizio.
“Nel libro ci sono fatti molto precisi e circostanziati. I magistrati per essere rassicurati devono avere risposte molto più esaustive. Se si considera quello che è successo ai consiglieri del Csm che si sono dimessi, che sono andati via senza neanche essere ascoltati”.
“Non vogliamo una caccia alle streghe – assicura Reale. – Ma devono essere garantiti i diritti di tutti. In una situazione di grossissima crisi di credibilità della magistratura ogni affermazione fatta dai protagonisti coinvolti richiede una risposta assolutamente esauriente”.
Su questo, “chiederemo all’Anm di prendere una posizione”. E “auspichiamo il confronto pubblico anche in una sede istituzionale”, aggiunge Reale, riferendosi alla richiesta di Luca Palamara di essere ascoltato dalla Prima Commissione del Csm.
“Soprattutto – sottolinea Reale – perché fa affermazioni molto gravi, coinvolgendo importanti rappresentanti istituzionali. Tutti i cittadini hanno il diritto di sapere come sono andati i fatti”.
A Palamara, osserva poi Reale “è stato tolto il diritto di parola e di difendersi davanti all’Anm. Il processo disciplinare è stato troppo frettoloso, gli hanno falcidiato la lista testi. Non si può fare un processo in quattro e quattr’otto. L’Anm deve decidere se essere parte offesa o riconoscere di essere stata protagonista di una stagione infamante della magistratura e dare atto al nuovo corso”.
“Palamara – ammette Reale – è stato solo la punta di un iceberg. La crisi di credibilità della magistratura riguarda tutto un sistema di correnti e di notabili delle correnti che hanno fatto scempio delle regole della legalità e dell’etica”, conclude.
E lui, il “protagonista”, Palamara, cosa dice di tutto questo?
“In primis non sto parlando come una persona che oggi è definitivamente fuori dalla magistratura. La decisione del Csm sulla mia rimozione è temporanea, non è definitiva, né esecutiva – ricorda il magistrato romano. – Nel libro racconto fatti accaduti. Se ho fatto questo racconto è per dare un contributo e svolgere una riflessione sul mondo della magistratura insieme al direttore Sallusti, con cui in passato abbiamo avuto posizioni divergenti”.
“Troppa disinformazione sul tema è stata fatta, un’informazione non completa – accusa Palamara. – Il racconto che io faccio è mio, di una persona che ha vissuto direttamente queste situazioni. Ora finalmente c’è curiosità nel sapere come sono andate le cose”.
“L’ho fatto per spiegare il meccanismo interno alla magistratura – chiarisce. – “In primis non sto parlando come una persona che oggi è definitivamente fuori dalla magistratura. La decisione del Csm sulla mia rimozione è temporanea, non è definitiva, né esecutiva. Nel libro racconto fatti accaduti. Se ho fatto questo racconto è per dare un contributo e svolgere una riflessione sul mondo della magistratura insieme al direttore Sallusti, con in passato abbiamo avuto posizioni divergenti. Troppa disinformazione sul tema è stata fatta, un’informazione non completa. Il racconto che io faccio è mio, di una persona che ha vissuto direttamente queste situazioni. Ora finalmente c’è curiosità nel sapere come sono andate le cose”, dice Palamara.
“L’ho fatto per spiegare il meccanismo interno alla magistratura – spiega – sul meccanismo delle nomine. Anche perché spesso il racconto che viene fuori dai giornalisti di giudiziaria, che nel libro definisco ‘magistrati ad honorem’, è il racconto di giornalisti divenuti magistrati aggiunti, perché parlano con gli stessi e quindi diventano depositati di verità. E non lo accetto. Se qualcuno del Csm si sente danneggiato può chiamarmi e parlarne, io sono qui. Mi sentivo in dovere di fare chiarezza, mi hanno dipinto come uno che, da solo, ha fatto il bello e il cattivo tempo” aggiunge Palamara.