S’avvicina la crisi, come al solito rispunta Monti: «Occorre una maggioranza di unità nazionale»
È un po’ come l’odore del sangue o, per essere meno cruenti, il richiamo della foresta. Fatto sta che appena si materializza lo spettro di una crisi di governo, torna a galla il senatore a vita Mario Monti. Il professore è un vero esperto della materia. Circa dieci anni fa toccò a lui sostituire con un esecutivo tecnico l’ultimo governo autenticamente espressione della volontà popolare, il Berlusconi IV. Lo fece forte della cosiddetta maggioranza ABC, acronimo dei cognomi Alfano, Bersani, Casini. Tradotto in politica: destra, sinistra, centro. Un esperimento che, se solo potesse, Monti non disdegnerebbe affatto di rieditare.
Monti intervistato dal Foglio
Tanto è vero che in un’intervista al Foglio l’ha auspicata a chiare lettere. Questa volta per gestire la ricostruzione. Dieci anni fa, invece, fu per uscire dalla spirale dello spread su cui si era avvitato, spintovi anche dalla manina franco-tedesca, il governo presieduto dal Cavaliere. «Sarebbe stato auspicabile già per far fronte alla pandemia. Nella fase della ricostruzione lo sarà ancora di più», argomenta il professore bocconiano. In linea teorica il suo ragionamento non è sbagliato, dal momento che in riferimento alla «struttura economico-sociale del Paese» egli intravede una «fase costituente». E «le costituzioni – aggiunge – devono accogliere, in modo organico, il contributo di tutti». Non fa una grinza.
«Sarebbe più facile rispetto a 10 anni fa»
A maggior ragione se si pensa che, a differenza del 2011, «una maggioranza molto ampia, tendente all’unità nazionale, potrebbe anche rivelarsi meno difficile». Per un motivo molto semplice: i 209 miliardi del Recovery Fund. «Governo e Parlamento – ricorda Monti – avranno molte risorse da dare, cosa politicamente più gradevole che doverne togliere». E lui ne sa qualcosa. È anche per questo auspica un’unità nazionale «seria e rigorosa», nell’utilizzo di quei miliardi. «Altrimenti – avverte – la ricostruzione non avverrà. Oppure sarà ricostruzione della vecchia struttura, che anche prima della crisi pandemica non era capace di generare né crescita né equità».