Sileri contro il Cts: «Proposi Galli, Crisanti e Zangrillo. Qualcuno si offese e mi fu detto di no»
Pierpaolo Sileri va all’attacco. In un libro appena uscito dal titolo Covid segreto, edito da Paper- First e scritto con Alessandro Cecchi Paone, il viceministro racconta ciò che ha vissuto. E al Corriere che lo ha intervistato mostra tutta la sua amarezza. «Quando ho avuto il Covid – spiega – mi ha fatto soffrire essere tagliato fuori, dal 10 marzo a metà aprile, dal Cts non mi hanno mandato un verbale, un rapporto, niente. Eppure potevo lavorare, dare un contributo. Nei primi mesi la comunicazione è stata difficile. Provai a inserire una mia osservatrice e, alla prima riunione, l’allontanarono con ostilità. Stando a indiscrezioni, addirittura in quanto donna». Il viceministro si chiede: «È possibile non tenere aggiornato il viceministro? Ho dovuto scoprire dai Tg il primo caso di due cinesi positivi al coronavirus in Italia. I primi tempi, mi costringevano a leggere anche cento pagine in sede, vietandomi le fotocopie».
Sileri, pesanti accuse al Cts
E poi spiega che tutti gli scontri tra esperti sono da ricondurre al Comitato tecnico scientifico. «Formazione e gestione del Cts – rincara la dose – sono all’origine della rissosità fra infettivologi, virologi, epidemiologi». E aggiunge al Corriere: «Proposi Massimo Galli al Cts, mi fu detto no; Maria Rita Gismondo e mi fu detto no. Ancora prima di Codogno, chiesi chi aveva fatto la rete Ecmo e scoprii che era Alberto Zangrillo. Dissi: coinvolgiamolo e non fu coinvolto. Verso fine luglio, vedevo le liti in tv e chiesi di ampliare il Cts con Andrea Crisanti e altri… Dissi: così, se devono discutere di scienza, lo fanno a un tavolo istituzionale». E poi ancora. «Essendo chirurgo, spiegai che, se devo operare qualcuno faccio un briefing con oncologo, radiologo, anestesista… e che se il paziente assistesse direbbe: grazie, ma non mi opero. Qualcuno si offese e pensò che volevo mandare via loro e prendere altri».
Il piano pandemico “vintage”
Non solo. Al centro delle polemiche c’è un’altra questione: il piano pandemico mai aggiornato. Sileri afferma: «Abbiamo visto subito che il piano era vintage e risaliva al virus H1N1. Chiesi lumi ma, alla fine, mi arrivò direttamente la bozza del piano di maggio 2020». Nel libro gli chiede il Corriere lei dice di aver battuto spesso i pugni sul tavolo. Quando e perché? «Se rispondo mi devo dimettere domani».