Suicida per la crisi Covid, l’ultimo biglietto di Umberto Sbrescia: “Lo Stato lasci stare la mia famiglia”
Sabato mattina, Umberto Sbrescia aveva aperto regolarmente il suo storico negozio di piazza Garibaldi. A Napoli la sua attività era un punto di riferimento per tutti i fotografi dal 1958. Ma stavolta Umnberto non era rientrato per pranzo. Al telefono era irraggiungibile. Così a casa si sono preoccupati e hanno avvertito la polizia. Che ha trovato il corpo e quel biglietto lasciato a vista, per i suoi parenti e per lo Stato. Sì, proprio quello Stato che lo ha prima tartassato e poi costretto alle chiusure.
Umberto Sbrescia era un punto di riferimento per i fotografi napoletani
Nel biglietto, ai piedi del corpo, c’è un atto d’accusa pesantissimo. Prima l’invito ai parenti a lasciare Napoli. E, poi, come nota il Corriere della Sera, “quasi con ingenuità, l’ingenuità della disperazione” chiede allo Stato di non rivalersi su di loro per ciò che lui ha lasciato in sospeso. Appunto i debiti, spiega. Accumulati sia con il fisco che con interlocutori privati, probabilmente fornitori con i quali aveva preso impegni che poi non avrà potuto onorare. Forse temeva anche lo sblocco delle cartelle esattoriali e l’arrivo di richieste di pagamenti alle quali non avrebbe potuto far fronte. Certamente la sua attività, iniziata con il padre nel 1958, aveva subito gravi danni a causa della pandemia. Nell’ultimo anno, gli incassi erano stati minimi.
Numerosi fotografi napoletani stanno scrivendo in queste ore messaggi di cordoglio. Il videomaker Davide Guida ha dedicato un post su Facebook particolarmente toccante, che riportiamo integralmente.