Trattativa Stato-mafia: “smentita da Falcone, considerata inesistente da Borsellino”
La cosiddetta trattativa Stato-mafia? Smentita da Giovanni Falcone. E considerata un’ipotesi inesistente anche da Paolo Borsellino.
E’ tranchant il giudizio del giudice del maxiprocesso Alfonso Giordano. Che in un’intervista al quotidiano ‘Il Riformista‘ boccia la tesi della Procura di Palermo.
“Io ho rappresentato lo Stato nel processo più duro contro Cosa Nostra – ricorda Giordano. – Il nostro compito era quello di non fare sconti a nessuno, e non ne abbiamo fatti. Diciannove ergastoli comminati insieme e poi confermati in appello e in Cassazione significano che lo Stato con la mafia ci andava giù duro. Alla storia della cosiddetta Trattativa non credo e nessuno che conosce i fatti può credervi. Si era incaricato di smentirla Giovanni Falcone. La aveva considerata una ipotesi inesistente Paolo Borsellino“.
Giordano ci tiene a precisare che Falcone “escludeva completamente” la trattativa Stato-mafia. Motivo? “La mafia non accetta suggerimenti e non si presta a cabine di regia congiunte con nessuno”. Punto.
Da qui, poi, parte il ragionamento anche sui pentiti, utilizzati spesso per costruire accuse rivelatesi, poi, molti anni dopo, inesistenti. Quando oramai la vita delle persone è stata devastata e distrutta. I casi, oramai, sono centinaia. E, guarda caso, originati sempre dalle solite Procure.
“Sui collaboratori di giustizia dobbiamo stare molto attenti – avverte Giordano – I depistaggi esistono sempre. Chiedo ai colleghi magistrati di mettere sempre il massimo dell’attenzione sull’attendibilità di chi collabora, perché le finalità della collaborazione sono sempre diverse da quelle che noi immaginiamo. Ciascuno ha in mente una propria mappa di convenienze e connivenze, di interessi particolari. Chi ricostruisce reportage sulla base delle dichiarazioni di presunti pentiti inattendibili non fa un servizio alla verità dei fatti“.
“C’è un’esagerazione, un giustizialismo mediatico. Con una preponderanza sull’interpretazione dei fatti – aggiunge Giordano – I fatti andrebbero trattati quali sono, e non come forse sono, o come forse vorremmo che fossero andati. Qui c’è una confusione di ruoli che secondo me è dovuta alla televisione, a un linguaggio poco accurato che mal si concilia con l’attenzione certosina di tutti i dettagli della ricostruzione dei fatti, cosa di cui invece si incarica il processo. Un difetto che si è aggravato nel tempo”.