Trump, il concetto di democrazia della Pelosi: ultimatum a Pence, poi l’avvio dell’impeachment
La campionessa della democrazia Nancy Pelosi – quella che strappò con stizza i fogli alle spalle di Trump– dà l’ultimatum a Mike Pence ed agli oltre settanta milioni di americani che hanno votato Trump: rimozione dall’incarico del predecessore di Biden attraverso il 25mo Emendamento oppure avvio del procedimento di impeachment.
Così Nancy Pelosi vuole chiamare il presidente in carica Donald Trump a rispondere delle proprie responsabilità per quanto avvenuto mercoledì a Washington.
Una strategia che rende bene il concetto di democrazia che hanno i dem. D’altra parte la sinistra italiana non è diversa in questo.
In un’intervista alla Cnn, Pelosi ha spiegato che la Camera dei Rappresentanti di Washington si appresta a tentare di raggiungere l’accordo unanime dei suoi membri su una risoluzione che chiede a Mike Pence e al governo di invocare il 25mo Emendamento e rimuovere il presidente.
Nel caso, tuttavia, in cui il consenso non fosse unanime – il che è molto probabile considerate le resistenze da parte Repubblicana – allora il provvedimento verrebbe sottoposto al voto in aula domani.
La risoluzione chiede a Pence di rispondere entro 24 ore.
In caso contrario, la Camera si muoverebbe per avviare l’impeachment.
“In un secondo momento – ha scritto Pelosi in una lettera i colleghi democratici – procederemo attraverso la presentazione delle misure di impeachment in aula”.
“Nel proteggere la nostra Costituzione e Democrazia– scrive la speaker senza cogliere il ridicolo delle sue stesse parole – agiremo con urgenza, perché il Presidente rappresenta una minaccia imminente per entrambe”.
Ma un sondaggio Abc News/Ipsos, rivela che il 43% degli intervistati è assolutamente contrario ad invocare il 25esimo Emendamento o ad avviare la procedura di impeachment.
Insomma l’America è spaccata a metà.
Continua la polemica sugli scontri a Capitol Hill soprattutto dopo che il capo della Polizia dimissionario del Campidoglio, Steven Sund, ha puntato il dito contro “funzionari della sicurezza della Camera e del Senato”.
Li accusa di aver ostacolato innumerevoli sforzi prima e durante l’assalto al Campidoglio per far intervenire la Guardia Nazionale.
Parlando con il Washington Post, Sund – che interviene pubblicamente per la prima volta dagli eventi dello scorso mercoledì – ha spiegato di aver chiesto già nei giorni precedenti l’appuntamento al Congresso per la certificazione dei voti elettoralia funzionari della Sicurezza di Camera e Senato l’autorizzazione a richiedere che la Guardia Nazionale fosse messa in stato di preallerta nel caso vi fosse la necessità di un intervento per le attese proteste dei gruppi pro-Trump.
Ma la richiesta, ha spiegato Sund, ufficialmente sostituito venerdì dopo le sue dimissioni, è stata respinta.
Il sergente d’armi della Camera Paul Irving si è detto non a proprio agio rispetto alla prospettiva di dichiarare un’emergenzaprima delle proteste, mentre il sergente d’armi del Senato Michael Stenger ha raccomandato a Sund di chiedere informalmente alla Guardia Nazionale di tenersi pronta per mercoledì scorso.
“Sapevamo che sarebbe stata più imponente. Abbiamo esaminato i dati dell’intelligence. Sapevamo che avremmo avuto grandi folle con potenziali scontri. Nulla che indicasse che una folla avrebbe fatto irruzione nel Campidoglio“.
Poco fa Trump ha firmato un provvedimento con cui ha ordinato che le bandiere americane vengano fatte sventolare a mezz’asta su tutti gli edifici federali in segno di lutto per la morte degli ufficiali di polizia Brian D. Sicknick e Howard Liebengood, deceduti dopo l’assalto al Campidoglio.
Le bandiere al Campidoglio erano a mezz’asta da giorni.
Trump era stato bersagliato dalle critiche di esponenti delle due parti per non aver preso questo provvedimento giovedì, dopo la morte dell’agente Sicknick a seguito delle ferite riportate durante l’assedio.
Era stata sempre la Speaker della Camera Nancy Pelosi a diramare l’ordine per le bandiere di Capitol Hill il giorno stesso della morte dell’agente.
Ieri, dopo che si è diffusa la notizia della morte di un secondo agente, l’amministrazione ha emesso l’ordine che riguarda la Casa Bianca, gli edifici pubblici e le strutture militari americane nel mondo, le ambasciate, legazioni ed uffici consolari fino al tramonto del giorno 13 gennaio.