Zangrillo rompe il silenzio: “L’aumento dei contagi non è emergenza, basta con i lockdown duri”
Mantenere i “nervi saldi” per convivere con Sars-CoV-2, e monitorare con attenzione quello che succede negli ospedali, tenendo presente che “un elevato numero di contagi non si traduce necessariamente in un’emergenza sanitaria”. Sulla base di questo, quindi, fra i diversi fattori su cui si può agire per mitigare l’incidenza di casi gravi di Covid-19, l’applicazione di una “misura coercitiva su base cromatica” dovrebbe scattare “solo in casi estremi”, non preventivamente. Ne è convinto Alberto Zangrillo, il primario di terapia intensiva e rianimazione dell’Irccs San Raffaele di Milano e prorettore dell’università Vita-Salute, escluso dal Cts del governo.
Zangrillo contro le nuove misure rigide
Zangrillo rompe il ‘silenzio stampa’ dietro cui si era trincerato dopo le polemiche di dicembre e chiarisce all’Adnkronos Salute il suo pensiero su quanto potrebbe accadere nei prossimi giorni sulla base delle regole proposte dall’Istituto superiore di sanità (Iss). Regole che potrebbero far scattare già da subito la zona rossa in diverse regioni d’Italia, come per esempio la Lombardia.
“Nel mio ospedale solo 4 ricoveri al giorno per Covid”
Ma qual è la situazione oggi? “Io lavoro e osservo: le strutture sanitarie della mia regione non sono in sofferenza. Dal 22 dicembre nel mio ospedale ricoveriamo una media di 4 pazienti Covid al giorno. I medici sul territorio fanno la loro parte e purtroppo continuano a morire molte persone indipendentemente dall’infezione virale”, fa notare Zangrillo.
E riguardo alla possibilità che si entri automaticamente in zona rossa con 250 nuovi contagiati per 100.000 abitanti lo specialista obietta: “Io sono un povero medico ospedaliero che si preoccupa di gestire con tempestività e qualità la diagnosi e la terapia della patologia. Ma credo che la mitigazione dell’incidenza di patologie gravi da infezione virale dipenda nell’ordine: da cure corrette e tempestive, dalla responsabilità di ognuno e solo in casi estremi si debba applicare la misura coercitiva su base cromatica”.
Quindi, conclude l’esperto, “un elevato numero di contagi non si traduce necessariamente in un’emergenza sanitaria. Convivere con i virus, non con il virus richiede: nervi saldi, grande attenzione ai numeri della clinica, profilassi vaccinale con un piano realistico e non utopistico, credere nell’azione di un sistema sanitario che si occupi con tempestività e rigore di tutte le patologie. Basta con i titoli ad effetto dei media che servono solo a disorientare, spaventare e proporre banalità”.