Conti correnti, scatta l’allarme: c’è la trappola del default, ecco come evitare lo scivolone
Ecco che cosa succede ai conti correnti in rosso. Con il nuovo anno le banche si sono adeguate al nuovo regolamento Eba. Il documento riguarda i «requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento». Introduce tra le varie novità anche nuove misure sui conti correnti e su cosa accade nell’ipotesi in cui siano in rosso. Le preoccupazioni per i correntisti erano tante. la Banca d’Italia ha chiarito quali sono i requisiti per cui si può essere inseriti nella categoria dei “crediti deteriorati” e quindi essere considerati “cattivi pagatori”.
Conti correnti e default
Innanzitutto ha spiegato che «la nuova definizione di default non introduce un divieto a consentire sconfinamenti. Come già ora, le banche, nel rispetto delle proprie policy, possono consentire ai clienti utilizzi del conto che comportino uno sconfinamento oltre la disponibilità presente sul conto. Ovvero, in caso di affidamento, oltre il limite di fido». E poi ancora. «Per questo motivo è importante che gli intermediari forniscano informazioni e assistenza ai propri clienti, per sensibilizzarli sulle implicazioni della nuova disciplina. Aiutarli a comprendere il cambiamento in atto e adottare comportamenti coerenti con la nuova disciplina. La Banca d’Italia ha chiesto nei giorni scorsi a banche e intermediari finanziari di adoperarsi in tal senso».
I requisiti per essere classificati in default
In sostanza, ci sono dei requisiti specifici per essere classificati in default e prevedono il sussistere di due condizioni contemporanee. È necessario che lo sconfinamento superi la “soglia di rilevanza”. «Cioè che superi contemporaneamente sia la soglia assoluta (100 o 500 euro, a seconda della natura del debitore) sia quella relativa (1% dell’esposizione)».
Inoltre lo sconfinamento deve protrarsi per oltre 90 giorni consecutivi (in alcuni casi, ad esempio per le amministrazioni pubbliche, 180 giorni).
Non basta uno sconfinamento
Pertanto, secondo il chiarimento della Banca d’Italia, «non è vero che basta uno sconfinamento o un ritardo nei pagamenti per somme anche solo di cento euro per dar automaticamente luogo a una segnalazione a sofferenza. Con il conseguente rischio di compromettere o rendere più oneroso il futuro accesso al credito del cliente presso l’intero sistema bancario». Quindi «gli intermediari segnalano un cliente “in sofferenza” solo quando ritengono che abbia gravi difficoltà, non temporanee, a restituire il suo debito».