Covid, ritardare la seconda dose di vaccino funziona: il caso Scozia zittisce i soloni italiani
In Italia Aifa, Cts ed eminenti virologi si sono opposti: è un rischio, dicevano, meglio somministrare le due dosi di vaccino nel giro di 3 o 4 settimane. Invece, a un paio di mesi da quando quel dibattito si è aperto, gli studi confermano che la strategia britannica di somministrare quante più prime dosi possibile, ritardando a tre mesi la seconda, si è rivelata vincente. A dare ragione a chi ha scelto una strada diversa dalla nostra ci sono, infatti, non solo più le simulazioni sui pazienti sani, ma studi e casi che riguardano le campagne vaccinali vere e proprie. Su tutti c’è il caso Scozia. Edimburgo ha somministrato la prima dose a circa un quinto della popolazione (1,14 milioni di abitanti su 5,4 milioni) e ha visto ridurre il rischio di ospedalizzazione tra l’85 e il 94%, a seconda che il vaccino fosse Pfizer o Astrazeneca.
Scozia: i risultati con una sola dose di vaccino
I risultati scozzesi sono stati salutati come «spettacolari» dalla relazione dei tecnici riportata dalla Bbc. Le autorità sanitarie di Edimburgo hanno parlato di riscontri «molto incoraggianti». Un entusiasmo che si giova di numeri reali. Lo studio ha preso le mosse l’8 dicembre, giorno in cui la 91enne Margaret Keenan ha preso il via la campagna vaccinale. E si è protratto sino al 15 febbraio. Nel periodo in questione, come riportato dal Corriere della Sera, i ricercatori hanno raccolto di dati delle ospedalizzazioni, della mortalità, dei contagi e li hanno confrontati con quelli di chi aveva già avuto la prima dose.
Con Pfizer -85% in ospedale, con Astrazeneca -94%
Lo studio, che ha riguardato sia Pfizer sia Astrazeneca e che secondo i ricercatori è spendibile anche negli altri Paesi che utilizzano gli stessi vaccini, ha dimostrato che, a cinque settimane dalla prima somministrazione, l’ospedalizzazione è stata ridotta dell’85% in chi aveva ricevuto Pfizer e del 94% in chi aveva ricevuto Astrazeneca. Percentuali che restano elevatissime anche se si considera la sola popolazione superiore agli 80 anni. In questo caso il rischio di forme gravi è sceso dell’81%, e questo nonostante il 50% del campione presentasse comorbosità.
Lo studio sull’efficacia di Astrazeneca nel tempo
A confortare l’osservazione dei dati scozzesi c’è anche uno studio pubblicato su Lancet, che riguarda in particolare Astrazeneca. Ne emerge che anche una sola dose basta a garantire il 76% di protezione, in un tempo tra le tre settimane e i tre mesi. Non solo, il dato veramente eclatante è che superato questo limite temporale la protezione sale all’82% e la trasmissione del virus scende del 67%. Prima ancora di questo riscontro sui casi concreti c’erano stati i trial clinici condotti fino a inizio dicembre su Astrazeneca. Tutti davano lo stesso risultato: l’efficacia aumenta dilazionando nel tempo le dosi. Col doppio vantaggio di averne anche a disposizione per somministrarle a quante più persone possibile.
Le risposte dell’Aifa sui vaccini anti Covid
Dunque, quando l’Inghilterra ha stabilito di contravvenire alle indicazioni dell’Oms sulle due dosi a tre settimane di distanza, non ha compiuto un azzardo, come in molti lasciavano capire anche da queste parti. Ma una scelta ponderata sulla base di dati scientifici già esistenti. E rispetto alla quale in un documento dell’Aifa intitolato Domande e risposte sui vaccini Covid-19, nella risposta alla domanda di pagina 16 sulla strategia inglese rispetto a Pfizer si legge che «una popolazione vaccinata con una sola dose vede il suo rischio di ammalarsi di Covid soltanto dimezzato».
La proposta di rivedere i tempi per le dosi di Astrazeneca
Più sotto, poi, a pagina 21, parlando di Astrazeneca, lo stesso documento spiega che «l’autorizzazione provvisoria da parte di Ema e di Aifa prevede la somministrazione della seconda dose del vaccino in un intervallo compreso tra 28 e 84 giorni (ovvero tra le 4 e le 12 settimane, ndr) dalla prima somministrazione». «Tuttavia – viene precisato – nuovi dati raccolti da studi in corso sembrano offrire l’opportunità di indicare un intervallo più lungo tra la prima e la seconda dose». Quindi, prosegue il documento, facendo riferimento proprio allo studio di Lancet, «Aifa, in accordo con un parere analogo del Consiglio superiore di sanità del 3 febbraio 2021, ritiene utile indicare la somministrazione della seconda dose del vaccino AstraZeneca idealmente nel corso della dodicesima settimana. E comunque a una distanza di almeno dieci settimane dalla prima dose». Insomma, «ritiene utile» adottare il protocollo inglese.